«Inganno», Lilli Gruber racconta la guerra fredda
Il nuovo libro esce martedì. Tre ragazzi, il Sudtirolo e la guerra fredda
Dopo «Eredità» e «Tempesta» ecco «Inganno», il nuovo libro della saga che Lilli Gruber dedica al suo Sudtirolo. Al centro tre ragazzi, il Sudtirolo e la guerra fredda. «La diversità è una ricchezza» commenta la giornalista.
BOLZANO Dopo «Eredità» e «Tempesta» ecco «Inganno», il nuovo libro della saga che Lilli Gruber dedica al suo Sudtirolo, in uscita martedì per i tipi di Rizzoli.
L’anchorwoman originaria di Egna che da dieci anni conduce con immutato successo «Otto e mezzo» su La7, ne parla nel numero in edicola di Io Donna, il settimanale del Corriere della Sera. «Sono ancora una volta le storie della mia famiglia che s’intrecciano con quelle del Sudtirolo, a essere il filo conduttore», rivela la giornalista che mosse i suoi primi passi a Bolzano nell’emittenza privata prima di passare alla sede regionale della Rai.
Dopo «Eredità», pubblicato nel 2012 e «Tempesta» nel 2014, questa volta, con «Inganno», Gruber indaga gli anni bui del terrorismo. Dello argomento aveva scritto Francesca Melandri, in «Eva Dorme» e interessante sarà un possibile confronto tra i due romanzi. Sul tema, quello degli anni bui del terrorismo, Gruber dichiara a Io Donna: «Da quando ho cominciato le ricerche su questo argomento ho approfondito la consapevolezza che la mia doppia appartenenza culturale e linguistica è lo specchio di quella della mia terra. In un momento della storia europea in cui la diversità è vista con sempre maggiore diffidenza, la mia vita personale e professionale, un altro aspetto della questione sudtirolese, ovvero la centralità di quel fazzoletto di terra durante la Guerra Fredda. «Il Brennero – spiega Gruber nell’intervista a Io Donna – era un confine strategico tra i due blocchi e questa è anche una storia di spie, servizi segreti deviati e reti clandestine. Ricostruire come l’emergenza terrorismo fu sfruttata per militarizzare la zona e creare un vero e proprio Stato di sicurezza, ci porta dritti alla strategia della tensione degli anni successivi». Alla domanda se la sua famiglia abbia mai pagato un prezzo in quel periodo, Gruber risponde così: «Nella mia famiglia non ci è stato mai raccontato che gli italiani erano i cattivi e i tedeschi erano buoni: su questo hanno tenuto la barra ben dritta e il valore della convivenza e dello scambio è sempre stato un valore assoluto. Come tutti i sudtirolesi — ha aggiunto Lilli Gruber — credevano fortemente nell’autonomia e nella difesa della propria cultura. Ma non credevano nella violenza come via per vedere riconosciuti i propri diritti».
A proposito della propria capacità di «reggere il video» ogni giorno da dieci anni con «Otto e Mezzo», Lilli Gruber (61 anni portati con estrema eleganza e leggerezza) ha una ricetta: «Dal lunedì al venerdì conduco una vita quasi monacale: alimentazione sana, esercizio fisico e un po’ di meditazione sono per me indispensabili. Però nel week end, liberi tutti: l’autodisciplina funziona a patto di sapersi gratificare».