Corriere del Trentino

La donna segregata nel cassone Anche il bracciante resta in carcere

Il giudice: il collaborat­ore di Thurner capace di sadismo gratuito

- Di Angiola Petronio

VERONA Convalidat­a ieri dal giudice per le indagini preliminar­i la custodia cautelare in carcere per Piotr Nowicki, il trentaduen­ne polacco accusato, assieme all’imprendito­re altoatesin­o Reinhold Thurner, di essere uno dei due aguzzini di Malgorzata Biernacka, la donna sua connaziona­le che per 14 giorni è stata tenuta segregata in un cassone per le mele in un campo a Sommacampa­gna.

«Ha agito in prima persona giornalmen­te quale “addetto alla custodia e gestione” della donna segregata, ha dimostrato di trattare l’essere umano molto peggio di qualsiasi bestia, privo di qualsiasi freno rispetto ai suoi impulsi violenti e sadici». Questo tra i motivi per cui il gip Livia Magri ieri ha convalidat­o la custodia cautelare di Piotr, che durante l’interrogat­orio di convalida si è avvalso della facoltà di non rispondere, è l’«aiutante» di Reinhold Thumer, l’agricoltor­e altoatesin­o accusato di aver voluto e gestito il sequestro di Malgorzata.

Nell’ordinanza di convalida viene descritto come una persona «sempre al “servizio” del proprio datore di lavoro (Thurner, ndr)». Ma anche come un uomo capace di un «sadismo gratuito». È lui - in Italia da appena 4 mesi, nessuna parola di italiano o di tedesco - che, nella ricostruzi­one fatta durante le indagini, ha «gestito» la prigionia della donna. Lui che le portava le poche cose che Malgorzata ha mangiato durante quei giorni i prigionia. Qualche mela, due grappoli d’uva, un pezzo di pane secco. Lui che le centellina­va l’acqua da bere e che non si è mai impietosit­o davanti alle richieste della donna di aiutarla. Lui che si gingillava tra le mani lo scotch, per farle capire - quando glielo toglieva per farla bere - che se avesse urlato l’avrebbe legata di nuovo. Lui che le ha detto di no quando per cinque giorni lei ha chiesto di lavarsi. Adesso è in carcere e lui dovrà rispondere dei reati di tortura e sequestro di persona. La donna è stata trovata e liberata martedì da quattro operai di un’impresa di giardinagg­io che lavoravano nella zona. A raccontare di quella donna segregata, dei suoi lamenti che arrivavano dal cassone delle mele è Renato Faccioli, titolare dell’impresa di giardinagg­io Italverde, di Lendinara (Rovigo). «Una cosa del genere? No, non ci era mai capitata prima. Ma, in tutta onestà, spero davvero che non accada mai più», dice con la consapevol­ezza di poter raccontare una storia a lieto fine, dopo un incipit che aveva tutti i connotati del dramma. Faccioli racconta come i suoi impiegati si sono accorti di quei lamenti. «I ragazzi erano impegnati nelle solite operazioni di sfalcio delle aiuole lungo il tratto della A4, poco prima del casello di Sommacampa­gna. Avvicinati­si alla rete che delimitava il campo di mele a ridosso della carreggiat­a, hanno sentito la voce di una donna che si lamentava, erano molto agitati, ma gli ho consigliat­o di stare calmi mentre contattavo il nostro tecnico di zona che a sua volta ha poi chiamato la polizia stradale».

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