IL MERCATO SUGGERISCE LE SCELTE
Per un verso le statistiche ci dicono da anni che il numero dei laureati in Italia è tra i più bassi dell’Unione Europea; per l’altro, anche senza bisogno di molte statistiche, si sa che chi esce da un buon istituto tecnico o professionale in genere trova lavoro più in fretta che non un laureato, soprattutto se in una delle amatissime, attraentissime materie umanistiche.
Tra queste due realtà si inserisce, dunque, molto bene il recentissimo intervento del presidente di Confindustria Alto Adige, Federico Giudiceandrea, che, con insistenza, ha chiesto ai giovani di non trascurare le materie scientifiche poiché alle imprese locali servono ingegneri e operai specializzati. E in particolar modo interessate al suo invito dovrebbero essere le ragazze che, pur ormai da tempo primeggiando sempre più sia a scuola sia all’università, continuano comunque a essere schiacciante minoranza nelle classi di studi matematici, tecnici e scientifici. Ovvio che ciascuno sceglie l’ambito per il quale si sente portato e imporsi una strada diversa per motivi di opportunità professionale lo porterebbe a probabile fallimento: ma siamo sicuri che il «sentirsi portato» sia sempre una vocazione e non qualcosa di indotto dalla paura di dover faticare troppo oppure, anche, da famiglie magari ansiose di liceo per motivi sociali e poi di studi umanistici, specialmente per le ragazze, in vista di un «posto sicuro» in ambito scolastico?
Laddove sappiamo ormai come va a finire quel posto sicuro, con interminabili liste d’attesa e supplenze saltuarie che possono diventare la regola per anni e anni.
Federico Giudiceandrea ha parlato ai giovani altoatesini, ma il medesimo ragionamento può valere per quelli trentini. E molto probabilmente gli industriali veneti e qualcuno anche lombardo gli farebbero volentieri eco. I ragazzi, si sa, non amano che le imprese si immischino nei loro studi, ma i genitori potrebbero essere interessati alla questione in quanto indica una via possibile per non dover vedere emigrare i propri figli.
Istituti tecnici e professionali meglio dei licei perché i primi promettono lavoro e i secondi disoccupazione? Non è così. La giusta regola dovrebbe essere: a ciascuno la scuola che meglio gli si confà. Ma se, come nella maggioranza dei casi, non c’è una vocazione precisa (che va seguita a tutti i costi) converrebbe gettare un occhio alla situazione generale della regione e, magari, anche, prendere in qualche considerazione i suggerimenti di un imprenditore.