Tecnologie e scorciatoie pericolose
Anagraficamente ci siamo spesso trovati a dovere fare i conti con crisi e cambiamenti. Normale, direi. Si tratta di processi medianti i quali qualcosa o qualcuno diventa diverso, cambia il suo modo di essere perché influenzato da ciò che lo circonda. Crisi e cambiamenti, insomma, segnano il nostro modo di agire e quindi di rapportarci con gli altri. Così possiamo affermare che alcune tecnologie, e soprattutto alcuni dei modi in cui le tecnologie vengono impiegate, mutano il modo di percepire il cambiamento e inducono chi le utilizza a dover adeguarsi. Le tecnologie, insomma, non vanno viste come strumenti di chiusura, ma di grande apertura. L’innovazione ha portato molteplici benefici. Non ci si deve piegare in maniera totale alla tecnica, ovviamente, ma bisogna gestirla e utilizzarla per ricavarne i maggiori vantaggi. Negli ultimi quindici anni, con l’avvento di internet, si sono raggiunti importati risultati nella gestione della vita quotidiana come pure dell’economia. La possibilità di connetterci con il mondo rimando fermi in uno stesso posto ha offerto spazi e forme nuove a moltissime attività, inclusa la politica.
Non vi è mai nulla che resti eguale nel tempo. Ora la «quantità» delle opzioni disponibili, il costo delle stesse, la velocità con cui si reperiscono hanno creato ulteriori possibilità di scambio. Abbiamo chiamato quest’epoca «della disintermediazione e della dematerializzazione»; abbiamo recepito forme di maggior flessibilità e fatto della globalizzazione un valore alla portata di tutti. Un domani non troppo lontano si andrà anche a mutare il modo stesso delle forme di relazione. Attenzione, guai a credere che l’innovazione sia però la panacea di tutti i mali. Ciò che si deve comprendere è che oggi senza un adeguato investimento tecnologico si corre il rischio di arrancare. Certo, se un bambino deve nascere in una valle alpina di notte mentre nevica, non vi potrà essere un’App che si sostituisce al medico. L’uomo in determinati casi — e quello della sanità lo è senza ombra di dubbio — rimane ancora strategico. Quindi, un’ostetrica in zona è presenza indispensabile. Ostetrica che potrà però avere appoggio e assistenza anche da grande distanza grazie all’uso delle nuove tecnologie. Se poi in un ospedale periferico vi saranno più sale operatorie, e non solo due riservate specificatamente a ginecologia e ostetricia, sarà sufficiente lavorare sul contesto organizzativo per evitare spostamenti a rischio per puerpera e bambino. In questo la tecnologia è quindi a supporto e non a discapito della qualità della vita delle comunità poste in contesti geografici marginali.
Dico ciò perché uno degli elementi critici dell’ultima legislatura è stata la totale incapacità da parte degli amministratori di utilizzare e proporre in positivo i vantaggi delle tecnologie e di costruire così un rapporto proficuo tra i luoghi in cui si crea innovazione (il nostro territorio può contare su tre enti di ricerca di altissimo livello) e chi doveva innovare il sistema Trentino e di conseguenza alzare il livello di qualità della vita delle comunità che lo animano. Si è preferito vivacchiare, giocare di rimessa in un momento invece in cui bisognava correre, imporsi. Questo solo per conservare un sistema di potere costruito sulla mediazione di interessi. Una delibera preelettorale per stabilizzare all’interno dell’apparato della pubblica amministrazione oltre 400 persone senza il fondamentale requisito dell’aver superato un concorso, si è trasformata in una mossa capace di svilire l’impegno di chi credeva che la pubblica amministrazione provinciale fosse un elemento di competitività dell’intero sistema. Non è cercando scorciatoie che si sfugge a un monitoraggio, interno ed esterno, in cui l’incapacità di progettare la spesa o il favorire il sodale di sempre hanno lo stesso peso in termini di credibilità di un territorio.