Corriere del Trentino

La truffa dell’auto? Paga la banca

La battaglia di un anziano per un vaglia postale. «Istituto, verifiche poco diligenti»

- Roat

Ha vinto la sua battaglia, anche se non ha potuto assistere alla conclusion­e della causa, un male incurabile l’ha strappato ai suoi cari troppo in fretta. Il Tribunale, però, alla fine gli ha dato ragione e ha condannato l’ex Cassa rurale di Aldeno a pagare 36.000 euro. Il pensionato voleva vendere la sua Mercedes, si era rivolto alla Rurale per verificare la validità di un vaglia postale, ma il controllo non sarebbe stato così «diligente» e l’uomo è stato truffato.

TRENTO Ha lottato fino alla fine. Per lui, ormai, era una questione di principio e giustizia. Desiderava che quei soldi tornassero alla sua famiglia, perché in fondo aveva adottato tutte le precauzion­i possibili per non essere truffato. Ma il raggiro era riuscito lo stesso. E tutto questo, forse, si poteva evitare. Per lui era un pensiero fisso e ora un giudice gli ha dato ragione.

La battaglia, dopo due anni, l’ha vinta, ma lui non ha potuto assistere alla conclusion­e della causa. Ora non c’è più, un male incurabile se l’è portato via troppo in fretta. Ci sono gli eredi, la moglie con la quale aveva iniziato il braccio di ferro con l’istituto di credito. Per loro questa è una vittoria soprattutt­o morale, ma amara. Il giudice Massimo Morandini ha riconosciu­to la responsabi­lità dell’ex Cassa rurale di Aldeno e Cadine (ora Cassa rurale di Trento) che avrebbe effettuato «una verifica estremamen­te superficia­le». «È evidente — scrive il giudice — come l’impegno assunto dalla banca, a mezzo della vice direttrice, del direttore e della cassiera, in relazione alla precisa richiesta del pensionato, lo abbia indotto a far affidament­o, falsamente, sul fatto che il titolo offerto in pagamento, sarebbe stato oggetto di una puntuale verifica».

Ma facciamo un piccolo passo indietro perché sono trascorsi anni dal giorno in cui il pensionato della val di Peio aveva chiamato la banca per chiedere la disponibil­ità a verificare la validità e la copertura di un vaglio postale. Siamo nel 2013. Il pensionato, per festeggiar­e la fine del lavoro dopo ben quarant’anni, aveva acquistato una bella Mercedes classe A. Era il sogno di una vita. Ma poco dopo ha scoperto di avere un tumore. Un colpo terribile che ha scardinato i suoi piani. Temeva di non aver molto tempo e così ha deciso di sistemare tutte le pendenze e vendere l’auto per terminare i lavori di ristruttur­azione della casa. Nell’autunno del 2014 ha pubblicato due annunci. Poco dopo è stato contattato da un acquirente egiziano che si è detto interessat­o all’acquisto. L’uomo, per tutelarsi, si è rivolto alla Cassa rurale di Aldeno chiedendo se era possibile verificare la bontà del vaglia postale. La vice direttrice lo rassicura. Il pensionato, felice della risposta avuta, apre un conto corrente presso. Arriva il giorno della vendita, era il 4 dicembre 2014. Il pensionato si presenta in banca con l’acquirente e il cognato bergamasco. La macchina doveva essere intestata a lui. Porge alla cassiera il vaglia postale per la verifica, ma la donna non trova il numero dell’ufficio. A questo punto l’acquirente, bontà sua, si offre di dare il numero alla cassiera. Lei chiama l’ufficio, ma dall’altra parte del telefono non c’era un impiegato postale, ma un complice. La truffa è riuscita.

Solo qualche giorno la banca scopre che il titolo era falso e chiede al pensionato anche 556,78 euro per due operazioni effettuate. Disperato, l’uomo si rivolge all’avvocato Vittorio Cristanell­i, e cita in giudizio la banca. Ora c’è la sentenza. «La cassiera non ha effettuato una verifica diligente» scrive il giudice. Il pensionato aveva ragione, la banca dovrà pagare 36.000 euro, più gli interessi a partire dal 2014.

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