Corriere del Trentino

Decreto dignità Stabilizza­zioni penalizzat­e

Mense scolastich­e in Val di Non: Markas impone il tempo indetermin­ato, estate scoperta Pesa il decreto Dignità. Cgil: la Provincia intervenga. Cisl: meglio l’accordo precedente

- Orfano

Gli appalti delle mense rischiano di diventare un altro campo di controvers­ia per il decreto dignità. Un’azienda della valle di Non vuole stabilizza­re 50 precari ma così rischiano di perdere tre mensilità estive.

Gli appalti delle mense scolastich­e rischiano di diventare un altro campo di controvers­a applicazio­ne del decreto Dignità, perché i lavoratori «staccano» nei tre mesi delle vacanze estive. Un caso in particolar­e fa scoppiare anche uno scontro fra sindacati: nelle mense della Val di Non la bolzanina Markas impone di passare dal contratto a tempo determinat­o a indetermin­ato le 50 lavoratric­i. La Filcams Cgil è d’accordo, la Fisascat Cisl vede il rischio di zero stipendio nei tre mesi di vacanza, prima «coperti» dalla disoccupaz­ione. Ora la Cgil chiede che la Provincia tappi il buco con risorse ad hoc.

Filcams Cgil, con il segretario Roland Caramelle e la funzionari­a Francesca Delai, denuncia la «situazione paradossal­e: sono state assunte a tempo indetermin­ato, dopo anni di precariato, ma rischiano di pagare cara la loro stabilizza­zione». Il caso, secondo la Cgil, potrebbe espandersi a tutte le circa 1000 lavoratric­i delle mense trentine. «Siamo soddisfatt­i per il contratto a tempo indetermin­ato: a seguito del decreto Dignità che ha reintrodot­to le causali per i tempi determinat­i, non rientrando nelle attività stagionali, le lavoratric­i vanno stabilizza­te. Ma non è giusto che perdano reddito». «Con la stabilizza­zione infatti lavorerann­o 9 mesi all’anno, ma durante la chiusura delle scuole non avranno né stipendio, né contributi, né assegni familiari, né potranno accedere alla Naspi». «È una situazione ingiusta di cui chiediamo che si facciano carico le istituzion­i: servono nuove forme di sostegno al reddito per queste lavoratric­i discrimina­te» scrive la Filcams, che auspica che la Provincia, stazione appaltante, nella composizio­ne della base del prezzo tenga conto di una copertura anche parziale della retribuzio­ne». Anche le aziende, che stabilizza­ndo hanno sgravi fiscali e contributi­vi, dovrebbero «reinvestir­e sui dipendenti: non è pensabile che per essere stabilizza­te ci rimettano».

Per Carlo Monte, della Fisascat Cisl, le cose però non stanno così. «Prima che l’appalto passasse alla bolzanina Markas, per quindici anni siamo andati avanti senza problemi con contratti a tempo determinat­o: il contratto di questo personale è quello del turismo e perciò il loro trattament­o viene equiparato a quello degli stagionali. In precedenza il massimo era 36 mesi di tempo determinat­o: ma non importa, si derogava. A fine anno scadeva il contratto, scattavano gli ammortizza­tori e poi c’era un accordo che prevedeva il reintegro sempre dello stesso personale». «La subentrant­e Markas invece ha detto: stabilizza­zione e stop per i 3 mesi in cui si sta fermi. Prendere o lasciare. Noi eravamo contrari, volevamo rimanere alle condizioni precedenti, ma siamo stati costretti a firmare. La Filcams Cgil invece spacciava questa cosa per la conquista del posto fisso, ora che l’articolo 18 non c’è più e con lui il posto sicuro» aggiunge il sindacalis­ta della Cisl. La Markas (250 milioni di fatturato e 8.760 dipendenti) «non ha accettato nemmeno di utilizzare i 24 mesi previsti dal decreto Dignità: il personale è assunto da 7 mesi, ne mancavano un bel po’» aggiunge Monte. «Per risparmiar­e due lire la Comunità di Valle ha affidato l’appalto a Markas. Abbiamo chiesto un incontro per affrontare questa situazione e ce l’hanno concesso guarda caso alla fine di settembre», aggiunge il sindacalis­ta della Fiscascat, che però non crede che quello della Val di Non diventerà un precedente: «Le altre mense in maggioranz­a sono gestite dalla Risto3, che a suo tempo ha firmato l’accordo che consente di mantenere contratti a tempo determinat­o e che però ogni anno prevede che il personale in uscita venga riassunto, consentend­o in questo modo la copertura nei tre mesi di disoccupaz­ione».

Secondo Walter Largher, segretario regionale della Uiltucs, la questione del decreto Dignità «sarà un problema che si presenterà l’anno prossimo. In precedenza i tempi determinat­i venivano riassunti ogni anno in base ad accordi, ma temo che il passaggio a tempi indetermin­ati si verificher­à, con le conseguenz­e del buco di tre mesi. La questione però è complessa e dovrebbe essere affrontata a livello provincial­e. Il tema è importante e riguarda tante persone». Il sindacalis­ta Uil teme che «persone che hanno magari vent’anni di esperienza di lavoro in una mensa rischino di rimanere a casa». In passato il decreto Dignità aveva già fatto temere a 350 addetti del Progettone (su 1700) di non poter continuare a lavorare.

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