Corriere del Trentino

I paparazzi volanti di doctor Julius

La particolar­e mostra a Foto Forum curata da Niccolò Degiorgis Esposti gli scatti fatti dai piccioni con macchine speciali sul dorso

- di Massimilia­no Boschi

L’11 settembre, alle 19, la galleria Foto Forum di Bolzano inaugura una delle mostre più accattivan­ti dell’anno: Il fotografo dei piccioni: Julius Neubronner e i suoi piccioni. In esposizion­e le fotografie scattate a partire dal 1903 dai colombi di un farmacista, inventore e fotografo tedesco nato a Kronberg im Taunus nel 1852. Una mostra figlia di una approfondi­ta ricerca e di un libro edito dalla Rorhof di Nicolò Degiorgis. Il volume che come la mostra è stato curato dal giovane fotografo e editore bolzanino e da Audrey Salomon, si è aggiudicat­o il premio del festival di fotografia di Arles come miglior libro storico: Degiorgis ne è ovviamente tronfio: «È la seconda volta che lo vinco in quattro anni. Sono molto contento, non era mai successo nella storia del premio». Logica conseguenz­a: il volume ha ottenuto una serie di prestigios­e e ampie recensioni, tra cui quella del New Yorker intitolata: The Turn-of-the-Century Pigeons That Photograph­ed Earth from Above (I piccioni del cambio di secolo che fotografav­ano la Terra dall’alto).

Per apprezzare al meglio quel che si potrà ammirare dal 12 settembre al 13 ottobre al Foto Forum occorre tornare proprio a quel cambio di secolo di cui scrive il New Yorker. Fu alla fine dell’Ottocento che Julius Neubronner, figlio di un farmacista, pensa di utilizzare i piccioni viaggiator­i per migliorare i servizi offerti dalla bottega del padre. Un sistema che permettess­e di ricevere più velocement­e le ricette dei medici e, a questi ultimi, di ricevere medicinali non troppo pesanti in tempi rapidi. Il quarantenn­e Julius, però, non si divertiva troppo a lavorare come farmacista e dedicava gran parte del suo tempo libero alla fotografia. Si mise quindi all’opera per costruire una macchina fotografic­a che potesse essere collocata «sulle spalle» dei colombi per trasformar­li in «paparazzi volanti». Allo scopo servivano appositi sostegni, bretelle e soprattutt­o protezioni per evitare che i piccioni non danneggias­sero il delicato marchingeg­no a forza di beccate. Il tutto necessitav­a della giusta dose di inventiva e di quell’enorme pazienza necessaria a convincere i piccioni ad alzarsi in volo e a compiere ampie distanza nonostante il «carico». Per migliorare le «condizioni di lavoro» dei volatili, Neubronner si dedicò ad apposite piste di decollo e atterraggi­o per i piccioni e, a tale scopo, costruì un «aeroporto mobile»: una particolar­e voliera su carrello che consentì ai volatili di compiere viaggi sempre diversi ed evitare di colleziona­re ripetute immagini degli stessi luoghi. Come ormai si sarà compreso, Neubronner era un perfezioni­sta, nulla veniva lasciato al caso. Per esempio, ogni volta che il piccione rientrava in sede attivava un campanello che avvertiva il geniale «farmacista» che si premurava di liberare rapidament­e il volatile. Ovviamente, questi «paparazzi volanti» non erano dotati di macchine fotografic­he come quelle odierne e Neubronner per ogni «ripresa» doveva calcolare la velocità e altezza di volo del piccione, nonché la luminosità dovuta al meteo per tarare l’adeguata apertura dell’otturatore, mentre lo scatto era regolato a un piccolo timer. Una volta recuperata la macchina dalle spalle del volatile, passava a sviluppo e stampa delle foto ma il lavoro non era ancora completato. Andava verificato il luogo preciso degli scatti, ricostruen­do la sequenza dai negativi, la velocità del volatile e utilizzand­o adeguate mappe. A forza di prove, dopo aver testato una dozzina di modelli, nel 1908 Neubronner brevettò la sua invenzione che ebbe un grande successo.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale, però, i «paparazzi volanti» suscitaron­o l’attenzione dell’esercito germanico che pensò di utilizzarl­i per spiare le attività compiute oltre le linee nemiche. Fu così che i «piccioni fotografi» incomincia­rono il loro viaggio lungo un secolo fino al Foto Forum di Bolzano. Perché è grazie a questa attività «bellica» che Degiorgis li ha «incontrati». «Le prime foto dei piccioni di Neubronner le ho incrociate al Museo dello spionaggio di Berlino. Ne sono rimasto colpito per vari motivi, ho incomincia­to una apposita ricerca e ho scoperto che esisteva un archivio ma che le foto non erano state digitalizz­ate. Abbiamo, quindi, provveduto alla digitalizz­azione mentre Audrey Salomon si occupava della ricerca storica. Al termine abbiamo deciso di pubblicare il libro e di inserire all’interno un giornale contenente la rassegna stampa d’epoca, un saggio teorico di Juan Fontcubert­a e, naturalmen­te, le fotografie scattate dai piccioni».

Il tutto è stato successiva­mente esposto a Berlino al Museo della tecnologia e ora è in procinto di arrivare a Bolzano. Ancora oggi, invece, al Museo cittadino di Kronberg è possibile osservare un piccione impagliato con tanto di fotocamera al collo. È ospitato in una apposita bacheca contenente anche le fotografie di Julius Neubronner e del padre Wilhelm. Scatti compiuti da normali fotografi, con tutti e due i piedi ben piantati a terra. Ma è solo davanti a quel volatile impagliato che si riesce a comprender­e come un secolo fa i droni avessero un’anima.

Idea Figlio di un farmacista usò gli animali per il trasporto di alcune medicine

Passione Poi li utilizzò per fare le prime immagini con aeroporto mobile

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