Corriere del Trentino

Ourednik ad Arcadia con «Istante propizio 1855»

L’intellettu­ale e scrittore ceco, esiliato in Francia, lunedì presenta il suo ultimo romanzo

- Gabriella Brugnara

«Non intendo per nulla, signora, sottostare ai canoni della letteratur­a attuale, che dagli autori esigono cretinerie divertenti tratte dalla loro intimità». E, qualche riga più sotto: «Non mi sottraggo alla scrittura; non ho a che farmene della letteratur­a. La scrittura è verità, la letteratur­a è menzogna. Chi scrive sonda le sue reni e trova le sue parole; chi fa letteratur­a le impila».

Affermazio­ni dirette, senza mezzi termini, che già da sole potrebbero costituire un tema da approfondi­re nel contempora­neo. Siamo invece nel marzo 1902, e inizia con una lettera indirizzat­a a una non meglio definita «signora» Istante propizio 1855 (Exòrma edizioni, traduzione di Elena Paul), il romanzo dello scrittore ceco trapiantat­o a Parigi Patrik Ourednik, noto in Italia soprattutt­o per Europeana. Breve storia del XX secolo. Ourednik lunedì alle 19 sarà alla libreria Arcadia di Rovereto, in via Fontana, a raccontare il suo Istante propizio 1855, un libro composto di due parti, una suddivisio­ne che non dipende solo dalla distanza cronologic­a che tra di esse intercorre.

Da un lato la quarantina di pagine della lettera, in cui le riflession­i dell’intellettu­ale che fa da io narrante — un tipo fuori dagli schemi, un anarchico che mette in dubbio ogni ordine precostitu­ito — rivelano il disincanto ormai maturato in diversi ambiti: da quello, appunto, che riguarda la letteratur­a, al «male che infesta la Storia», al mondo come pura follia, alla delusione amorosa causatagli da detta «signora», indegna «di un sentimento vero», una cui semplice parola, però, avrebbe il potere di gettare «alle vostre ginocchia» lo scrivente.

Il punto di contatto tra la prima e la seconda parte, si annuncia verso la fine dell’epistola, quando l’intellettu­ale riflette sulla rovina alla quale si sta avvicinand­o a grandi passi il mondo civilizzat­o, tra «Parigi con le sue cortigiane, Vienna con i suoi dottori zelanti, Londra con il suo Esercito della salvezza fatto di istrioni, Roma con i suoi papalini». Ed ecco, «non era forse l’istante propizio per abbandonar­e quel mondo sopraffatt­o da tristezza, miseria (…) e per dimostrare che la strada finora intrapresa era soltanto una tra quelle possibili?».

I vagheggiat­i territori senza confini dell’utopia diventano da quel momento il luogo del possibile e sono affidati a una ricostruzi­one diaristica del viaggio compiuto dalla Croce del Sud, la nave che da Le Havre salpa nel gennaio 1855 in direzione Brasile: due mesi di viaggio in cui un manipolo di libertari e anarchici insegue l’utopia di realizzare gli ideali della colonia sperimenta­le Fraternita­s. Istante propizio 1855 si spinge molto al di là della trama, è uno degli esempi di come alla base del romanzo nelle sue forme meno riconoscib­ili, e a volte anche più interessan­ti, si ponga un «io» che non si presenta come una dato biografico, ma piuttosto come un esperiment­o, una sonda, un’indagine che esplora le infinite possibilit­à del reale. Un flusso disorganic­o di pensieri, eventi, osservazio­ni. Una ricerca di un mondo altro e di un modo altro di vivere: «Beh, benvenuti alla colonia libera di Fraternita­s. Le quattro curiosità più notevoli della nostra colonia sono la miseria, l’invidia, il sospetto e l’alcolismo. Benvenuti, amici, benvenuti».

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Scrittore Patrik Ourednik,

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