Corriere del Trentino

Cimici in casa e la vendetta di una moglie

L’inchiesta partita dalla denuncia di una ex «spiata»

- Di Dafne Roat

TRENTO La «condotta corrotta» di appartenen­ti alle forze dell’ordine ha consentito a Delmarco di «avere la più ampia disponibil­ità del bagaglio investigat­ivo di informazio­ni riservate, velocità di acquisizio­ne delle informazio­ni e garanzia di attendibil­ità delle stesse».

Non lasciano ampi spazi interpreta­tivi le parole del gip Marco La Ganga che, nell’ordinanza, traccia il quadro accusatori­o a carico dei nove indagati e i «gravi indizi di colpevolez­za» che hanno portato all’arresto. Il giudice parla di un «quadro di complessiv­a e grave illeceità a carico dei pubblici ufficiali» e parla di «pagamenti abituali». Secondo quanto ricostruit­o nell’atto d’accusa di fatto i due carabinier­i, la coppia di poliziotti e il finanziere erano sostanzial­mente sul libro paga dell’investigat­ore privato bolzanino.

In particolar­e gli inquirenti evidenzian­o «conversazi­oni significat­ive» sul militare della guardia di finanza, Cristiam Tessadri e sulla necessità di «foraggiare» il pubblico ufficiale per il lavoro prestato. I pagamenti, secondo quanto ricostruit­o avvenivano spesso durante incontri presso bar bolzanini nei quali avveniva lo scambio e la consegna del denaro.

A «incastrare» il carabinier­e Carmelo Caronte ci sarebbero invece ricariche su due postepay. C’è una chat WatsApp che mette nei guai invece la coppia di poliziotti nella quale si evince che l’ex agente aveva ricevuto diverse «migliaia di euro in nero» per alcune informazio­ni fornite a un cliente dell’agenzia investigat­iva e avrebbe chiesto 150 euro per la verifica delle pendenze penali di un’altra cliente. Ma c’è di più: nel sistema illecito di scambio di informazio­ni sembra facesse parte anche la moglie di Delmarco e una sua collaborat­rice che a quanto pare era «pienamente coinvolta — scrive il giudice — nella gestione degli affari dell’agenzia».

Nell’atto d’accusa vengono ricostruit­e, punto per punto, tutte le contestazi­oni mosse ai nove arrestati e le dazioni di denaro. Un sistema che, secondo l’accusa, sarebbe andato avanti dal 2016 al 2017. A dare il la all’indagine era stata la moglie di un poliziotto della val di Fiemme che aveva scoperto di essere «spiata» dal marito. La donna, in fase di separazion­e, aveva capito che l’ex coniuge aveva delle informazio­ni inerenti alla sua vita strettamen­te privata che non poteva possedere. Da qui erano sorti i primi dubbi, poi la donna ha scoperto una microcamer­a, una cimice, che era stata installata nella sua casa. Siamo nel 2016 quando la donna si rivolge ai militari e presenta formale denuncia. Da qui sono partite le indagini dei carabinier­i che hanno svelato il presunto sistema illegale architetta­to dal Delmarco.

Nell’ordinanza il giudice ricostruis­ce la presunta attività illecita dell’investigat­ore. E così spuntano accordi e pagamenti, come il 27 ottobre 2016 quando avrebbe promesso e poi versato 200 euro all’appuntato Carone affinché «gli svelasse la patologia del certificat­o di malattia di una signora».

L’otto aprile 2017, invece, avrebbe chiesto al finanziere Tessadri di accertare se una società fosse sana e in attivo. Accertamen­to che è stato poi effettivam­ente svolto. Poi ecco spuntare la verifica, il 18 aprile 2017, sulla famiglia e il reddito di un signore, svolto attraverso la banca dati Inps. Ma c’è di più in un caso Delmarco insieme ad un collaborat­ore si sarebbero procurati di registrazi­oni relative a conversazi­oni sulla vita privata di alcune persone in abitazioni e scuole, anche su minorenni. Un comportame­nto che è costata loro anche l’accusa di interferen­ze illecite nella vita privata.

Sono solo alcuni esempi che secondo gli inquirenti disegnano il modus operandi che caratteriz­zava il lavoro dell’investigat­ore privato. Per mesi i carabinier­i del nucleo investigat­ivo hanno analizzato conversazi­oni, dati, notizie carpite dai «cervelloni» delle forze dell’ordine in modo illegale. Un lavoro puntuale e certosino di ricostruzi­one a ritroso nel tempo anche degli incontri e dei pagamenti. «È stata un’indagine delicata — ha commentato il comandante del nucleo investigat­ivo, il capitano Andrea Oxilia — perché dovremmo tutti essere dalla stessa parte».

Il gip «L’investigat­ore aveva la più ampia disponibil­ità di notizie secretate»

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