LA SCUOLA RITORNI A ESSERE IL CUORE DEL DIBATTITO POLITICO
La scuola è ricominciata e questa volta l’inizio delle lezioni coincide con l’avvio della campagna elettorale che si annuncia infuocata, feroce e divisiva. Che però lascia al margine i problemi della scuola. Sembrerà strano a molti candidati, ma agli insegnanti non interessano soltanto la stabilizzazione o le questioni, un po’ stantie e corporative, riguardanti graduatorie e classi di concorso. Ai docenti, quelli che vedo lavorare ogni giorno in classe, magari sempre più delusi dalla politica che li circonda, interessa la scuola. Interessa poter accedere, da cittadini italiani ed elettori trentini, a informazioni chiare e precise su quello che sarà il ruolo dei presidi, sullo svolgimento degli esami di maturità, sul voto di condotta, sulle insufficienze da recuperare, sulle difficoltà di gestione dei percorsi di sostegno. Perché i presidi si devono chiamare dirigenti scolastici, l’esame di maturità è diventato esame di stato, il voto di condotta si è tramutato in capacità relazionale e le insufficienze (che in Trentino sono solite sparire, soggette a prescrizione territoriale) per dare meno fastidio si chiamano carenze. Termine idoneo più allo studio dello psicologo che all’ambiente scolastico. I docenti italiani hanno già bocciato, nel marzo scorso, la scuola renziana, tutt’altro che buona. E i docenti trentini? Coglieranno l’occasione per dire, con il loro voto, che sono stati presi in giro per decenni da una classe politica inadeguata? Voteranno avendo sott’occhio il progressivo allontanamento della scuola del nostro territorio dal panorama normativo nazionale che, pur imperfetto, ha mantenuto pubblici gli istituti professionali, ha consentito le bocciature in presenza di insufficienze, ha rispettato la libertà di insegnamento e di valutazione, non ha imposto l’insegnamento in lingua straniera delle discipline, rispettando le graduatorie ed evitando che potesse accedere alla docenza chiunque avesse, come sola «abilitazione», l’essere di madrelingua inglese o tedesca. Ricorderanno, i docenti che si apprestano al voto, di essere stati obbligati a decurtare il proprio orario di insegnamento per regalare il tempo del loro lavoro all’assistenza pomeridiana degli studenti con attività fantasiose e spesso inutili? Chiederanno a gran voce la valorizzazione del loro lavoro in aula, sempre più difficile e finanche pericoloso, limitando il numero e la rilevanza dei famigerati «progetti»? Per quel che mi riguarda, voterò solo chi mi garantirà la fine dell’autarchia scolastica locale, il ritorno di un provveditorato trasparente e accessibile, che chiuda l’era dei dipartimenti e degli incarichi speciali; voterò per chi toglierà alla scuola del Trentino il convincimento di avere caratteristiche di esclusività normativa, un convincimento frutto della complicità di governi amici o bisognosi di sostegno parlamentare. Per quel che mi riguarda, e per quel che vale, darò il mio voto a chi mi promette che sarà ridimensionata, semplificata e ricondotta a piena costituzionalità la legge provinciale sulla scuola. Un mostro giuridico di quasi 130 articoli che già in passato si tentò di sottoporre a referendum abrogativo. Per fare tutto ciò occorrono competenza, libertà di pensiero e coraggio.
Gentile professoressa Giugni,
Concordo con lei nel richiamare i candidati alle prossime elezioni a tenere in grande considerazione la scuola. Per quel che mi riguarda, rimane il tema dei temi: senza una scuola efficace non c’è crescita. Non mi convince però il suo attacco frontale alla legge provinciale. Che vada migliorata, è fuor di dubbio. Tornare indietro però lo trovo un errore. Apriamo un confronto su come si possa creare una scuola trentina al passo con i tempi, aperta sul mondo e non chiusa su se stessa. Il trilinguismo, ad esempio, come abbiamo illustrato domenica su questo giornale, rimane un progetto interessate che non va buttato via, ma plasmato e rivisto. La quantità non deve oscurare la qualità. Ma soprattutto, c’è da tenere ben presente ciò che ha evidenziato Pietro Di Fiore della Uil: evitare il depauperamento delle materie di concetto a discapito della lingua d’insegnamento.