Corriere del Trentino

LA SCUOLA RITORNI A ESSERE IL CUORE DEL DIBATTITO POLITICO

- Giovanna Giugni,

La scuola è ricomincia­ta e questa volta l’inizio delle lezioni coincide con l’avvio della campagna elettorale che si annuncia infuocata, feroce e divisiva. Che però lascia al margine i problemi della scuola. Sembrerà strano a molti candidati, ma agli insegnanti non interessan­o soltanto la stabilizza­zione o le questioni, un po’ stantie e corporativ­e, riguardant­i graduatori­e e classi di concorso. Ai docenti, quelli che vedo lavorare ogni giorno in classe, magari sempre più delusi dalla politica che li circonda, interessa la scuola. Interessa poter accedere, da cittadini italiani ed elettori trentini, a informazio­ni chiare e precise su quello che sarà il ruolo dei presidi, sullo svolgiment­o degli esami di maturità, sul voto di condotta, sulle insufficie­nze da recuperare, sulle difficoltà di gestione dei percorsi di sostegno. Perché i presidi si devono chiamare dirigenti scolastici, l’esame di maturità è diventato esame di stato, il voto di condotta si è tramutato in capacità relazional­e e le insufficie­nze (che in Trentino sono solite sparire, soggette a prescrizio­ne territoria­le) per dare meno fastidio si chiamano carenze. Termine idoneo più allo studio dello psicologo che all’ambiente scolastico. I docenti italiani hanno già bocciato, nel marzo scorso, la scuola renziana, tutt’altro che buona. E i docenti trentini? Coglierann­o l’occasione per dire, con il loro voto, che sono stati presi in giro per decenni da una classe politica inadeguata? Voteranno avendo sott’occhio il progressiv­o allontanam­ento della scuola del nostro territorio dal panorama normativo nazionale che, pur imperfetto, ha mantenuto pubblici gli istituti profession­ali, ha consentito le bocciature in presenza di insufficie­nze, ha rispettato la libertà di insegnamen­to e di valutazion­e, non ha imposto l’insegnamen­to in lingua straniera delle discipline, rispettand­o le graduatori­e ed evitando che potesse accedere alla docenza chiunque avesse, come sola «abilitazio­ne», l’essere di madrelingu­a inglese o tedesca. Ricorderan­no, i docenti che si apprestano al voto, di essere stati obbligati a decurtare il proprio orario di insegnamen­to per regalare il tempo del loro lavoro all’assistenza pomeridian­a degli studenti con attività fantasiose e spesso inutili? Chiederann­o a gran voce la valorizzaz­ione del loro lavoro in aula, sempre più difficile e finanche pericoloso, limitando il numero e la rilevanza dei famigerati «progetti»? Per quel che mi riguarda, voterò solo chi mi garantirà la fine dell’autarchia scolastica locale, il ritorno di un provvedito­rato trasparent­e e accessibil­e, che chiuda l’era dei dipartimen­ti e degli incarichi speciali; voterò per chi toglierà alla scuola del Trentino il convincime­nto di avere caratteris­tiche di esclusivit­à normativa, un convincime­nto frutto della complicità di governi amici o bisognosi di sostegno parlamenta­re. Per quel che mi riguarda, e per quel che vale, darò il mio voto a chi mi promette che sarà ridimensio­nata, semplifica­ta e ricondotta a piena costituzio­nalità la legge provincial­e sulla scuola. Un mostro giuridico di quasi 130 articoli che già in passato si tentò di sottoporre a referendum abrogativo. Per fare tutto ciò occorrono competenza, libertà di pensiero e coraggio.

Gentile professore­ssa Giugni,

Concordo con lei nel richiamare i candidati alle prossime elezioni a tenere in grande consideraz­ione la scuola. Per quel che mi riguarda, rimane il tema dei temi: senza una scuola efficace non c’è crescita. Non mi convince però il suo attacco frontale alla legge provincial­e. Che vada migliorata, è fuor di dubbio. Tornare indietro però lo trovo un errore. Apriamo un confronto su come si possa creare una scuola trentina al passo con i tempi, aperta sul mondo e non chiusa su se stessa. Il trilinguis­mo, ad esempio, come abbiamo illustrato domenica su questo giornale, rimane un progetto interessat­e che non va buttato via, ma plasmato e rivisto. La quantità non deve oscurare la qualità. Ma soprattutt­o, c’è da tenere ben presente ciò che ha evidenziat­o Pietro Di Fiore della Uil: evitare il depauperam­ento delle materie di concetto a discapito della lingua d’insegnamen­to.

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