IPERCRITICO, SCHIENA DRITTA E TESTA DURA
Sul suo sito internet aveva scritto la propria biografia con grande onestà concludendola così: «Non telefono ai politici, ho un pessimo carattere e sono l’ultimo degli idealisti». In realtà Goran non aveva un pessimo carattere, ma solo la testa dura: aveva la battuta pronta e la sua simpatia era contagiosa. Anche dopo aver vinto il Festival di Castrocaro e la Gondola d’argento, ci si ritrovava nella sua casa di Villazzano dove passavano musicisti e amanti della musica (da Guido Brigadoi ad Alberto Beltrami, da Charley Deanesi a tanti altri), accolti dalla dolcezza della moglie Donatella, e le ore trascorrevano veloci tra molte risate e suoni vari. Si discuteva dell’evoluzione tecnico-artistica che lui seguiva perlopiù disprezzandola: aveva comprato tra i primi una tastiera elettronica con cui si potevano costruire delle basi e ci mostrò come si potesse far finta di esibirsi dal vivo senza toccare un tasto, ma solo avendo «preparato» prima il concerto, e si rifiutava di usarla, definendola «robaccia».
Aveva il massimo rispetto per la musica ed era ipercritico: quando iniziò a frequentare la Rca, introdotto da Francesco De Gregori, continuava a cestinare le proprie canzoni perché non le riteneva all’altezza. Divenne un virtuoso del finger-picking, tecnica scoperta per caso, poi con «Ehi ci stai» e «Stasera l’aria è fresca» il suo nome divenne famoso, mentre in tempi in cui la globalizzazione era lontana il suo cognome fu per molti impronunciabile correttamente. Anche qui, però, rifiutò la scorciatoia di un nome d’arte o di rinunciare al cognome così come nel momento in cui il successo cominciò a scemare respinse la possibilità di collaborare con Lucio Dalla per difendere la propria autonomia, fare quello che piaceva a lui e non al mercato. I dischi e le collaborazioni con Ivan Graziani (che stimava molto e di cui aveva coltivato l’amicizia), con Ron, con Mario Castelnuovo e Marco Ferradini gli avevano dato molto, eppure non le ricordava con piacere. Sempre sul suo sito, aveva iniziato così il racconto della propria vita: «Rileggendo la mia biografia apparsa finora, sembra che io non abbia fatto altro che collaborare con Tizio e Caio (…). Io non la trovo poi tanto interessante».
Ricordo quando mi fece ascoltare il suo lp «Contrabbandieri di musica»: splendide canzoni, ma in tutto l’album non c’era né una traccia né un riff di chitarra che potesse attrarre l’ascoltatore distratto per indurlo a gustarsi l’opera intera. Già, schiena dritta e testa dura. Le radio perciò lo abbandonarono, ma lui non abbandonò le sette note, dedicandosi infine anche alla musicoterapia, essendo lui laureato in medicina e figlio di un medico. Soprattutto non lo hanno dimenticato i suoi fan, come si vedeva nei suoi concerti e come si è visto ieri quando la notizia della sua morte è stata commentata in rete da un’infinità di persone.
Avendo gustato la fama da giovane, sicuramente gli è costato non essere più in prima fila, però il fatto di aver potuto guadagnare a sufficienza con la sua arte senza cedere a compromessi gli ha regalato una libertà che sottolineava sempre e di cui era fiero. «Amico canta una canzone, una canzone senza inganni con poche note (…) Ho fatto sempre a modo mio, non ho pregato mai nessuno»: sono le parole che intonava con Ron e Ivan Graziani e anche le parole con cui mi pare giusto ricordare la passione e la coerenza di Goran.