Liste, 700 in corsa Undici candidati per la presidenza
Quadro frammentato, poche sorprese
Undici candidati presidenti per ventidue liste e circa 700 candidati. Questi i numeri delle provinciali 2018 alla scadenza dei termini per la presentazione delle liste a un mese dal voto. Numeri in linea con quelli del 2013 che mostrano un’elevata frammentazione. La novità è il centrodestra unito.
TRENTO Dopo mesi di schermaglie, alleanze rotte, candidati presidenti apparsi e scomparsi nel giro di poche settimane e numerosi cambi di casacca, le liste delle prossime elezioni provinciali sono state finalmente depositate. Gli elettori trentini potranno scegliere tra ben undici candidati presidente e circa 700 candidati, una «ricchezza» di scelta di cui avrebbero probabilmente fatto a meno.
Il primo dato che balza all’occhio è, infatti, l’estrema frammentazione della classe politica trentina, la stessa che, a differenza di quella di altre Regioni a statuto ordinario, si candida a governare una macchina paragonabile per complessità — al netto ovviamente delle dimensioni — a quella di uno Stato. Frammentazione particolarmente stridente se si considera il sistema elettorale provinciale, caratterizzato da una forte impronta maggioritaria.
La novità, però, non sta tanto nel numero dei candidati presidente — erano undici anche nel 2013 —, o nella proliferazione di liste e listarelle (22, erano 23 nel 2013), ma da un lato nella scomposizione del centrosinistra, dall’altro nel compattamento del centrodestra rafforzato dalle liste locali. Se, nel 2013, Ugo Rossi fu sostenuto da sette sigle, oggi Giorgio Tonini può contare sul sostegno di tre liste. A parte l’assenza dei ladini della Ual, la vera rottura è quella che si è consumata tra il centrosinistra e il Patt, che corre da solo con Rossi. L’ormai ex partito «guida» della maggioranza ha presentato una lista che vede sparire molti degli attuali consiglieri provinciali (Avanzo, Baratter, Giuliani) e che non vede, dopo il braccio di ferro con Michele Dallapiccola, nemmeno la presenza di Franco Panizza.
Non stanno molto meglio gli ex alleati. Con il passo indietro di Donata Borgonovo Re e Mattia Civico sparisce di fatto una componente importante del Pd, la stessa che più fortemente ha spinto per la candidatura di Paolo Ghezzi. Via anche Bruno Dorigatti, senza essere stato sostituito da una figura in grado di raccoglierne l’eredità elettorale. Molti i nuovi innesti, ma nessuno sulla carta in grado di sfondare in termini di preferenze. Gli uscenti rimasti in pista (Ferrari, Maestri, Manica Olivi e Zeni) restano, almeno a un mese dal voto, quelli con più possibilità di elezione. Futura 2018 non sembra in grado di garantire la ventata di novità promessa. Con l’eccezione del frontman Ghezzi, il resto del gruppo è composto da volti noti con diverse primavere alle spalle e da giovani con ridotte chance di elezione. Con Ghezzi, la figura più forte sulla carta è quella dell’ex assessore alla sanità, Remo Andreolli. L’Upt ha smentito chi sosteneva che non sarebbe riuscita a presentare una lista, ma il grande rinnovamento operato sembra più figlio della necessità che di una scelta (27 candidati).
Maurizio Fugatti, che nel 2013 si candidò sostenuto dai soli Cattolici europei uniti (73 preferenze il più votato) e ottenne il 6,6%, parte favorito con ben nove liste di soste- gno. Questa volta ha dovuto dire diversi no, ma non ha rinunciato ad avere in lista l’inossidabile Erminio Boso. Progetto Trentino candida Mario Tonina, uno dei protagonisti della demolizione del centrosinistra autonomista. In grado di sfilare un bel po’ di voti al Patt la lista di Walter Kaswalder, Autonomisti popolari e anche Claudio Cia, con Agire, potrebbe veder ripagata la sua perseveranza.
Ci sono poi i 5 Stelle con una lista in linea con le precedenti, ma si sa che il Movimento punta più sul simbolo che sulle preferenze personali. In Autonomia dinamica di Mauro Ottobre rappresenta ciò che resta della bolla civica capitanata da Carlo Daldoss. C’è poi la sinistra storicamente allergica alle alleanze che con Leu (senza Mdp) e L’altro Trentino si candida a un ruolo di testimonianza. Infine, l’outsider Roberto De Laurentis (Tre), la prima volta di Casapound con Filippo Castaldini, i ladini di Moviment ladin de Fascia, Paolo Primon (Popoli Liberi) e Federico Monegaglia di Riconquistare l’Italia.