IL POKER E L’ASSALTO AL CARRO
Il bluff è l’anima del poker, non dovrebbe esserlo della politica. Eppure, per più di sei mesi, il centrosinistra autonomista si è esercitato su un tavolo di poker permanente, con giocatori per lo più modesti e un esito, palesatosi giovedì con il deposito delle liste, a tratti drammatico. Il bluff più spettacolare lo ha tentato Carlo Daldoss, l’assessore «tecnico». Incaricato da Ugo Rossi di costruire una lista civica funzionale alla sua ricandidatura a presidente, ha deciso di mettersi in proprio e offrirsi come leader ai civici. Dopo trent’anni di politica, l’assessore «tecnico» sapeva bene di avere in mano a stento una coppia e ha cominciato il bluff: «Non ci interessano alleanze con i vecchi partiti. Chi vuole si aggreghi». L’Upt, o buona parte di essa, si era già consegnata ai civici da tempo. Nel bluff di Daldoss è caduto però anche il Pd, pronto perfino a cambiare il proprio simbolo pur di potersi aggregare ad alcune liste dal peso elettorale ignoto e a un candidato dalla popolarità incerta. Intanto, da buon tecnico, l’assessore aveva provato a offrirsi anche al centrodestra. Il bluff è saltato all’ultimo, quando i civici lo hanno scaricato e a tutti è parso chiaro che l’ormai ex assessore stava vendendo qualcosa che non era suo. Daldoss si è rivelato il giocatore più ambizioso, non l’unico. I civici, partiti per rigenerare la politica, non saranno nemmeno presenti sulla scheda elettorale. L’Upt ha sfinito tutti a colpi di tattica aspettando Godot.
Per poi trovarsi a sostenere controvoglia Giorgio Tonini e depositare una lista monca. I vertici del Pd fautori dello strappo con Rossi, convinti che il Patt alla fine sarebbe tornato a Canossa, ancora oggi si mostrano increduli per il fallimento del proprio bluff. Ugo Rossi, sicuro che rilanciando avrebbe convinto tutti a passare la mano, è scivolato dal sognare il partito di raccolta dei trentini al guidare un Patt nuovamente piccolo e solo. Quanto a Futura 2018, escluso Paolo Ghezzi, tra i candidati con chance di elezione si è visto non poco passato. Il centrodestra ha seguito uno schema più classico: tutti sul carro del vincente che, per l’occasione, si chiama Carroccio. Forze come Progetto Trentino, schierate alle politiche per il centrosinistra, il 5 marzo sono state folgorate sulla via di Damasco. Nella ressa che si è formata per salire sul carro, però, a mancare è l’esperienza amministrativa, tanto che dopo aver detto no «a chiunque abbia fatto parte del centrosinistra», si è detto sì a Mario Tonina, addirittura un consigliere dell’Upt (dimessosi giovedì dal gruppo), confidando di avere così un possibile assessore all’agricoltura, oltre ai voti degli allevatori. Ma com’è stato possibile che i satelliti attraessero i pianeti, che l’assessore tecnico di Rossi diventasse improvvisamente El Cid Campeador del centrosinistra senza Patt cui si era di fatto iscritto? Perché, in assenza di progetti, restano solo i personalismi. Perché, senza strategia, c’è solo tattica. In questi cinque anni di legislatura, al Patt è stato chiesto di essere una semplice cinghia di trasmissione tra la giunta e il territorio. L’Upt si è consumata in conflitti interni per poi cercare di recuperare terreno dandosi il velleitario obiettivo di tornare ad essere il partito del presidente. Il Pd, che legittimamente ha fatto il controcanto a Rossi, non ha messo sul tavolo una sola riforma, un progetto, un’idea che gli fosse attribuibile e che gli elettori riconoscessero come importante. In assenza di un confronto sui contenuti – il futuro della sanità, della scuola, della riforma del welfare per gli anziani, della mobilità, dei servizi per l’infanzia etc… - il centrosinistra autonomista è morto discutendo del grado di simpatia di Rossi, di Ghezzi, di Daldoss. Ora la fiducia nella vittoria tiene unite le nove liste del centrodestra, una colla che potrebbe rivelarsi poco resistente in caso di vittoria a metà e quando si comincerà a distribuire incarichi e individuare competenze.