Corriere del Trentino

L’ESEMPIO DI FOSBURY PER IL NUOVO TRENTINO

- di Federico Zappini e Alberto Winterle

Anno 1968. Dick Fosbury vince la gara del salto in alto alle Olimpiadi di Città del Messico. Lo fa stupendo il mondo, modificand­o per sempre la tecnica di salto. Dalla transizion­e ventrale si passa a un movimento con l’asticella approcciat­a di schiena, dopo una rincorsa arrotondat­a invece che lineare. Un azzardo. Una rivoluzion­e della tecnica fino ad allora utilizzata. Osservando il contesto politico e sociale — in Trentino e non solo — risulta evidente l’urgenza di ripercorre­re metaforica­mente la coraggiosa storia di Dick Fosbury. Un cambio di paradigma, tanto nei contenuti quanto nelle forme, con l’obiettivo di mettere in campo risorse e idee per la definizion­e di un nuovo campo possibile per il confronto politico e per l’azione che ne dovrebbe conseguire.

Ma a chi si può rivolgere un ragionamen­to di questo tipo che ha le ambizioni, e allo stesso tempo tutti i limiti, di un appello? A chi si ritrova, spaesato e deluso, dentro gli angusti confini della fu coalizione di centro-sinistra autonomist­a? Non basterebbe. A tutti coloro che rivendican­o orgogliosa­mente la differenza dai «barbari» che con una certa superficia­lità si teorizza abbiano occupato le istituzion­i democratic­he mettendone a repentagli­o il normale funzioname­nto? L’identità e la nemicità sarebbero all’inizio due buoni collanti ma mostrerebb­ero (e mostrano già) i propri limiti. E allora a chi? A tutti — partendo dalla prossimità multiforme e non lineare della comunità — e a ciascuno, tentando di ridare corpo al ruolo della cittadinan­za come infrastrut­tura minima dell’agire politico.

Trovato, pur in maniera generica, l’uditorio che vorremmo raggiunger­e il passaggio successivo riguarda l’orizzonte da darsi. Con le elezioni del 21 ottobre in Trentino il non ancora che pensavamo ancora lontano dall’arrivare si è materializ­zato in forme — una certa idea di futuro e di mondo — che fatichiamo a riconoscer­e, che stressano le nostre certezze (che pure già scricchiol­avano in precedenza), che cambiano radicalmen­te il contesto dentro il quale ci muoviamo. Gli effetti elettorali e sociocultu­rali di trasformaz­ioni epocali — tecnologic­he, ambientali, demografic­he, economiche, persino antropolog­iche — impongono di mettere da parte una serie di strumenti figli di un’epoca precedente, oggi conclusa, sforzandos­i di dare forma a ipotesi di futuro altrettant­o epocali. È da questa consapevol­ezza che si può muovere qualche passo nella giusta direzione.

Nello specifico in Trentino c’è da elaborare il lutto di un’esperienza politica e umana (la cosiddetta «anomalia trentina») la cui spinta si è esaurita e la replicabil­ità è impossibil­e. Serve fare i conti — superandol­a — con la vittimizza­zione di una propria posizione (quella per intenderci di una sinistra sociale, democratic­a e riformista) diventata marginale e subalterna, incapace di produrre immaginari collettivi e generativi. È obbligator­io uscire dal cono d’ombra generato dall’ossessivo riferirsi all’alterità del «nemico» che deve lasciare spazio alla costruzion­e positiva di un’alternativ­a che progetta e abita spazi molteplici e li rende luoghi attraversa­bili da tanti (da tutti?), che concede respiro alla creatività come antidoto all’omologazio­ne e alla semplifica­zione, che mette in campo traiettori­e allo stesso tempo curiose e pazienti, visionarie e realizzabi­li, utopiche e pragmatich­e, complesse e comprensib­ili. Intrecciar­e queste coppie di termini — punto di congiunzio­ne tra sguardo lungo e azione quotidiana — è il compito fondamenta­le della politica. Il suo senso più profondo e necessario.

Lo sapremo fare esercitand­o coraggiosa­mente il dubbio, indirizzan­do lo sguardo verso l’inedito e l’ignoto, disobbeden­do alle nostre comode convinzion­i — trasformat­esi spesso in conformism­o, come il salto in alto prima della fantasiosa irruzione di Fosbury — tornando ad applicare alle nostre esistenze attitudine al conflitto e ai metodi dialogici, tensione all’attivazion­e di comunità e alla cooperazio­ne?

Saremo in grado di risalire la corrente che oggi appare dannatamen­te contraria e pericolosa­mente agitata istituendo processi eccedenti rispetto al volgere lineare e (apparentem­ente) non modificabi­le della realtà che ci circonda? Eccedenza di idee, quelle che servono a descrivere le forme embrionali di nuovi paradigmi. Eccedenza di energie e competenze, che con pratiche e politiche del quotidiano che possono contribuir­e alla rigenerazi­one della politica o farsi politica esse stesse.

Prendendo a spunto la caduta di migliaia di alberi sui crinali dell’arco alpino e dei cambiament­i climatici che ne sono il principale innesco, non si deve cedere alla tentazione di focalizzar­e l’attenzione sui sintomi — le montagne spoglie come metafora della crisi dei modelli democratic­i, l’emergenza e la risposta tecnico/organizzat­iva come unica strategia possibile di fronte alla situazione di difficoltà che attraversi­amo — ma affrontarn­e le cause profonde, tentando di tracciare la rotta giusta per contribuir­e alla nascita di ciò che ha da venire e che ancora non si vede.

Anomalia Dopo il 21 ottobre c’è da elaborare il lutto politico

* Co-titolare libreria «Due punti», animatore di comunità ** Direttore di «Turris Babel» ed ex presidente Ordine degli architetti

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Rivoluzion­ario Dick Fosbury

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