Karatè: tra sport e filosofia Il 50% degli allievi è donna
Viaggio nella scuola di arti marziali Oltre 150 allievi, il 50% è donna Il maestro: «Controllo e rispetto»
TRENTO Vincere le proprie paure con il Karate, come fece Daniel La Russo, il protagonista di «Karate kid», diventato un film cult tra i ragazzi. Chi non lo ricorda. E così il piccolo Samuel ha deciso di indossare il Karategi per diventare, chissà, forse un giorno, proprio come lui, spiega il papà Addis Worku. Poi c’è chi ha inseguito l’esempio dei genitori, o ha visto il compagno a scuola. Ma c’è anche chi, con qualche anno in più, ha deciso di sposare non lo sport, ma l’arte marziale nella sua essenza più alta: «disciplina capace di sviluppare equilibrio, coordinazione e flessibilità» spiega un’altra mamma, Sabina Storelli.
Gichin Funakoshi, padre maestro fondatore del Karate moderno dello stile shotokan, diceva che «lo scopo ultimo del Karate non è vincere o perdere, ma perfezionare il carattere di chi lo pratica. Il Karate Do comincia e finisce sempre con il saluto (rei) che è l’espressione esterna di uno spirito rispettoso». Rispetto, pazienza, controllo: sono parole che si sono perse nel vocabolario moderno, cancellate dall’avvento dei social, dalla competitività portata all’eccesso, da una propaganda sempre più rabbiosa. Ma l’ira va contenuta, la forza va compresa, dicono i maestri e sono questi i valori che spingono molti genitori a scegliere il Karate per i figli. E questa è, forse, anche una delle regioni per la quale il Karate è sempre più «rosa». La percentuale delle atlete del gentil sesso ormai supera la soglia del 50% e molte hanno meno di 10 anni. «Abbiamo quasi più iscritti femmine che maschi, credo sia un effetto generazionale, vuoi per il bisogno di riuscire ad autodifendersi o per il desiderio di conoscere il proprio corpo e saperlo governare» spiega il maestro Ivano Valente del «Karate Trento», che da più di quarant’anni (la società è nata negli anni ‘70) è un punto di riferimento per l’insegnamento del Karate in Trentino. Oggi la scuola conta oltre 151 allievi a partire dai 4 anni di età fino agli over 50. «Nell’agonismo — continua Valente — le donne spesso sono più tecniche, sia nei Kata (combattimento figurato), dove serve molta precisione, che nel Kumite (combattimento) dove prevale là velocità e la coordinazione. I maschi esprimono più aggressività e forza». Il maestro Valente, direttore tecnico del Ctr provinciale, racconta i suoi 37 anni sul tatami e spiega come si è evoluta l’arte marziale entrando a pieno titolo anche nelle scuole. «Ho iniziato nell’81, all’epoca il Karate rappresentava una forma diversa dalla lotta tradizionale — spiega — poi, rispondendo sempre più alle esigenze di una platea di allievi più vasta il Coni e la Fijlkam hanno modificato i programmi adattandoli agli obiettivi scolastici. È stato fatto un accordo con il Miur, un protocollo che di fatto ha siglato l’entrata del Karate nelle scuole. Così l’arte marziale si è evoluta, senza però trascurare l’aspetto dell’autodifesa».
Ma perché un genitore decide di iscrivere il proprio figlio a un corso di Karate? «È una domanda che ci siamo posti tante volte — spiega — e il senso della scelta lo possiamo ritrovare nelle parole di alcuni psicologi, pediatri e dei genitori dell’ Agsat (Associazione genitori soggetti autistici del Trentino) con i quali Karate Trento ha avviato un progetto. Lo hanno definito un’ottima base per la crescita armonica e psicomotoria del bambino».
Ma il Karate è anche filosofia di vita, forse ancora prima di diventare disciplina sportiva. Poi c’è l’aspetto dell’autodifesa. «Per me è importante che i miei figli sappiano difendersi — spiega un’altra mamma, Katia Giovannini — è uno sport sano che insegna il controllo e può aiutare nella vita». È della stessa idea Filippo Fedrizzi, papà di Gabriele: «Qui, inoltre, non c’è l’ossessione del risultato». Ma Valente non vuole che il karate venga confuso con queste attività. «Sono molto scettico verso questi corsi — chiarisce — bisogna sempre tenere presenti gli obiettivi e la legge. La base è imparare a usare il proprio corpo, in modo che sia tonico, flessibile, per stare bene e anche per sapersi difendere. Ma questo viene dopo. C’è una frase di Funakoshi che mi è sempre rimasta impressa: “bisogna essere capaci di sorridere in ogni situazione”. Credo che questo non serva solo nelle arti marziali, ma anche nella vita. L’arte marziale non è violenza, aiuta i bambini più esuberanti a trovare un equilibrio, insegna loro il controllo, la calma, mentre ai più timidi rafforza il carattere». Nel 2020 il Karate entrerà a fare parte delle Olimpiadi, ma Valente è cauto. «È un passaggio importante, anche se ci sono aspetti positivi e negativi. Il fatto che fino ad ora non faceva parte del circuito olimpionico ha permesso a questa disciplina di crescere, concentrarsi sugli aspetti dello sviluppo fisico, senza dover per forza andare a caccia di medaglie».