Corriere del Trentino

Ecco la bianca Sanguinari­a che nasconde liquido rosso

- di Martha Canestrini angolodeig­iardini@gmail.com

Eccomi qui - una delle rare volte che accade - a descrivere una pianta che non ho mai coltivato, una piccola papaverace­a rizomatosa delle regioni nord orientali dell’America settentrio­nale. Si chiama Sanguinari­a canadensis. L’ho vista in un vecchio giardino con molti alberi: fra alcune aghifoglie, cedri, pini, abeti, ne crescevano altri spoglianti. Gli alberi erano sistemati in ordine sparso, senza apparente disegno, come accade a chi – pur aspirando a fare un giardino – non riesce a elaborarne un concetto. Era aprile e poche essenze crescevano sotto gli alti fusti, dai rami spogli, molte si potevano solo intuire dai germogli. Sotto un arbusto di Stachiurus chinensis, quell’essenza che, prima di emettere le foglie, sgrana fiori profumati in centinaia di gialli grappoli filiformi ricadenti verso il basso, spuntavano una ventina di elegantiss­ime corolle bianche, con i petali ripiegati su se stessi, formando un palloncino: era una cultivar della Sanguinari­a, la Sanguinari­a «Multiplex».

La varietà originale è una perenne a fiore semplice, alta circa dieci centimetri. Si allarga sotterrane­amente per circa mezzo metro. I fiori, simili a stelle, di un bianco latteo, hanno otto, dieci petali. Quando per la prima volta si aprono, sono talvolta soffusi di rosa. Gli stami, giallo canarino, spiccano luminosi. Fiori e fogliame spuntano in fila indiana, dal rizoma, seguendone l’andamento sotterrane­o. Anche le foglie sono insolite, dalle forme variabili, a volte lobate, a volte palmate. Pur appartenen­do alla famiglia delle Papaverace­ae, l’aspetto originale della Sanguinari­a non ricorda quello dei comuni papaveri. Il nome della specie, così strano, indica una particolar­e curiosità: dal rizoma ferito esce un liquido rosso. Gli indiani lo chiamavano «puccoon», lo usavano per dipingersi il viso nei colori di guerra o per abbellire oggetti o indumenti della vita quotidiana.

Oggi ritroviamo la pianta quale elemento medicinale nei colluttori per eliminare l’alitosi, oltre a essere conosciuta nella medicina omeopatica. Forma, dopo anni, grandi macchie fiorite sotto alberi e cespugli spogli: le corolle si aprono per quasi un mese, quando il sole primaveril­e illumina il terreno, ancora sufficient­emente umido dopo le piogge primaveril­i. Sfioriscon­o improvvisa­mente, restando sul terreno come una leggera nevicata, mentre altri, nuovi fiori spuntano loro accanto. Alla fine rimangono le grandi foglie dall’insolito colore verde azzurro, mai uguali una all’altra. Scompaiono quando l’ombra del fogliame soprastant­e si è fatta fitta: in estate la pianta entra in riposo.

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