Morto dopo il tentato suicidio S’indaga
TRENTO Non ce l’ha fatta, ha smesso di combattere il ventenne di origini nigeriane, richiedente asilo, che mercoledì scorso ha tentato di togliersi la vita in carcere poche ore dopo la sentenza di condanna a 7 anni e 4 mesi per stupro di gruppo e rapina inflitta dal giudice delle udienze preliminari. Il giovane era ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale Santa Chiara di Trento e lunedì sera il suo cuore si è fermato per sempre. I medici non hanno potuto fare nulla per salvarlo, perché le sue condizioni erano purtroppo troppo gravi.
È una tragedia che scuote nel profondo e ha scatenato la reazione degli avvocati. I legali stigmatizzano l’aumento di suicidi in carcere. La Procura di Trento ora ha aperto un’inchiesta a carico di ignoti per poter chiarire che cosa è accaduto in quei brevi attimi all’interno della casa circondariale di Spini di Gardolo. Un atto dovuto da parte della magistratura per chiarire quanto accaduto. Il giovane era praticamente appena arrivato in carcere quando ha tentato il gesto estremo. Sono bastati pochi secondi.
Il ragazzo era rimasto coinvolto nell’indagine della squadra mobile di Trento sul presunto stupro di gruppo avvenuto a Maso Ginocchio il 24 novembre 2017. Il ventenne era stato trovato con lo zainetto rubato alla vittima, una donna di origini nigeriane di 35 anni che era stata minacciata con una bottiglia rotta e trascinata nel parco, stuprata a turno dal gruppo di ragazzi, cinque connazionali. Una storia delicata, complessa, terribile, ma segnata anche da contraddizioni. Secondo le difese, infatti, la donna avrebbe più volte cambiato versione, ma il giudice ha ritenuto sufficienti i riscontri a carico del giovane e ha deciso per la condanna. Gli altri amici, Muhammed Inusa, 24 anni, Monphy Ohue, 27 anni e Igbinosa Kenneth Obasuyi, di 25 anni, sono stati rinviati a giudizio. Si difenderanno davanti a un giudice dibattimentale. Mentre il presunto mandante, Social Emmanuel Ehimamigho, 28 anni, è stato prosciolto.