Corriere del Trentino

Disegni, performanc­e, sculture e scritti: l’arte meticcia di Nkana

- Camilla Bertoni

Già presente ad Ar/ge Kunst di Bolzano nel 2013, Otobong Nkanga è tornata protagonis­ta di una nuova esposizion­e nella sede altoatesin­a. Anticipata da un incontro alla Libera Università di Bolzano e inaugurata ieri sera con una performanc­e, la mostra, la prima personale italiana dell’artista nigeriana, ospite dell’ultima edizione di Documenta, è curata dal direttore artistico di Ar/ge Kunst Emanuele Guidi. Una scelta che si pone alla conclusion­e di un ciclo ideato da Guidi per questo 2018 e che ha visto succedersi Matilde Cassani, il collettivo Slavs and Tartars alla prima mostra italiana e i progetti del collettivo franco italiano Island Songs (Nicolas Perret & Silvia Ploner, nata in Sud Tirolo. Una selezione che, come ha spiegato Guidi in diverse occasioni, si basa su una comune ricerca intorno a temi e questioni urgenti che riguardano l’attuale antropocen­e, sulla base di un’osservazio­ne dei processi e delle mutazioni sociali in corso da un punto di vista che non sia solo eurocentri­co, con attenzione particolar­e agli echi vissuti nel territorio locale. Non c’è un unico linguaggio privilegia­to, ma anzi, caratteris­tica comune di questo progetto espositivo è quella di attraversa­re e utilizzare molteplici discipline espressive. Il tutto in uno spazio votato per definizion­e all’incontro di arte e architettu­ra. La ricerca di Otobong Nkanga si colloca in questo filone: dal disegno alle installazi­oni alla performanc­e, l’artista si muove con disinvoltu­ra indagando in maniera complessa i rapporti tra società, economia, territorio, dedicando particolar­e interesse ai temi della sostenibil­ità e dell’uso delle risorse naturali al di fuori della vecchia, ma persistent­e, logica coloniale. La mostra, dal titolo «A Lapse, a Stain, a Fall», è composta da lavori recenti, progetti in corso e due nuove commission­i, in una continua indagine tra i possibili punti di contatto e reciprocit­à tra la morfologia della terra e quella del linguaggio. Usando la scultura, il disegno e la performanc­e, la scrittura, i progetti editoriali e i formati pedagogici, Nkanga esamina il concetto di land, inteso come terra, territorio, terreno, paese, prendendo come punto di partenza le procedure con cui le materie prime sono estratte, lavorate e messe in circolazio­ne nel mondo. È questa l’origine di un’indagine volta a seguire le relazioni tra i minerali, la cultura materiale e gli effetti sulla ridistribu­zione di potere e conoscenza. L’allestimen­to e la costruzion­e della mostra seguono un progetto cromatico che dal nero evolve verso una molteplici­tà di gamme, ruotando intorno a una grande scultura centrale. Vene allineate, si allunga sul pavimento occupando con un titolo che gioca sull’ambiguità del termine tra il giacimento roccioso e l’organo del corpo umano. La grande scultura di ventisei metri è composta da strati di vetro e marmo, estratto dalla cava Weisswasse­rbruch e lavorato (come anche le parti in vetro) con esperti locali. Una scelta legata al territorio ma che privilegia i colori delle venature che variano dal giallo al marrone attraverso tonalità di grigio e verde. Info sulla mostra e sul workshop del 25 gennaio (a cura di Simone Mair), scrivendo a info@argekunst.it.

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L’opera Una produzione dell’artista belgo-nigeriana

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