«A Maia Bassa una morte annunciata»
Identificato l’uomo travolto dal treno: si tratta di Mohammed, marocchino senza fissa dimora Per terra i resti dell’ultima spesa. Gli esercenti in zona stazione: «Viavai continuo di senzatetto»
MERANO Quella che la sera dell’incidente la funzionaria veronese della Polfer aveva definito «una tragica fatalità», nelle parole degli esercenti intorno alla stazione di Maia Bassa assume i contorni di una «tragedia annunciata».
Mohammed, il 45enne marocchino travolto venerdì sera dal treno regionale in transito per Merano e diretto a Brennero, stava attraversando i binari dopo aver fatto un po’ di spesa. Erano quasi le 18.30 e al buio, sotto una pioggia fine, tornava all’accampamento sulla sponda dell’Adige. Un riparo che condivideva con altri senza fissa dimora, sotto al viadotto della Mebo, raggiungibile solo oltrepassando a piedi la ferrovia nell’unico punto in cui l’accesso è agevole: di fronte all’ex discount all’ingrosso ora dismesso, proprio a ridosso dei binari, in un punto in cui la tratta ferroviaria curva e impedisce di vedere i convogli in arrivo. Lì è avvenuto l’impatto con il regionale 20732 di Trenitalia. Colpito al capo, l’uomo è morto sul colpo.
All’indomani della tragedia, accanto ai binari non ci sono fiori, né nastri o cartelli che vietino un passaggio fin troppo a portata di chiunque. Ci sono invece, sparsi ovunque, i generi alimentari acquistati da Mohammed per cenare con i suoi compagni di sventura: una decina di panini ammollati dalla pioggia, un cartone di passata di pomodoro esploso nell’impatto, qualche bottiglia d’acqua e due «confezioni risparmio» di cosce di pollo. Poco distante, un cappello di lana marrone.
Sullo sfondo, a un centinaio di metri, la stazione di Maia Bassa: uno scalo con la biglietteria chiusa, sostituita dalle macchinette a erogazione automatica, e un bar chiuso nonostante sia l’ora di pranzo. Al suo interno, intenta in grosse pulizie, la signora Aurora, suocera della titolare. Con cortesia e dispiacere racconta di una tragedia a suo dire ampiamente annunciata. «Qui è un viavai continuo, tutti i giorni: ogni mattina lasciano il loro bivacco sotto il ponte e arrivano a decine, in carovana, d’estate e d’inverno, da almeno tre o quattro anni — spiega —. Prima stavano qui sul piazzale del parcheggio accanto alla stazione, ora si sono sistemati sotto il ponte. Ci sono rom, tunisini, marocchini, nigeriani... Non si conoscono nemmeno tra loro e forse non parlano neppure la stessa lingua. Passano lungo i binari anche se è pericoloso, attraversano senza quasi guardare e si sparpagliano per la città. Poi, quando fa buio, tornano sotto il viadotto. Lo so io, lo sanno i meranesi, le autorità e i politici, ma nessuno fa niente. Ogni tanto provano a fare uno sgombero, portano via sacchi e sacchi di pattume e ferraglia, ma dopo una settimana è tutto come prima».
Anche Isi, gestore del ristorante «Il cavallino», non si stupisce dell’accaduto. «La sera si vedono nitidamente un paio di fuochi accesi per scaldarsi sotto il ponte e lo sanno tutti che lì sotto vivono decine di stranieri — racconta —. Ultimamente sono ricominciati anche i furti nelle macchine parcheggiate davanti alla stazione, ma queste persone di solito non danno fastidio. Vivono alla giornata. Era meno sicuro quando c’erano gli zingari; poi gli hanno costruito le casette del Comune. Ma sono “alloggi” assegnati. Per questi extracomunitari, invece, non c’è alternativa alla strada».