IL DELICATO RUOLO DELLA SCUOLA TRA PRESEPI, CROCIFISSI E DIVISE
Implacabile, ogni anno di questi tempi, ritorna la querelle sul presepio nelle scuole. Autorevoli (autorevoli?) rappresentanti dei governi nazionali e provinciali improvvisamente si destano dall’incuria con cui guardano alla scuola e lanciano messaggi accorati, si indignano e sproloquiano di radici e identità, un tanto al chilo e a buon mercato.
Quest’anno poi, in Trentino, per non farci mancar niente, il neopresidente della giunta provinciale, Maurizio Fugatti, ci ha rassicurati anche sul suo impegno per verificare o reintrodurre la presenza del crocifisso in tutte le scuole a carattere statale, mentre l’assessore provinciale alla famiglia Segnana ci ha gratificati di un’idea che sicuramente farà fare un grande passo in avanti alla scuola trentina: in classe con la divisa.
Su questi aspetti si sono già alzate diverse voci, a favore o contro le dichiarazioni e le intenzioni degli esponenti della Provincia. Non mi pare il caso di partecipare a questa discussione che rischia di autoalimentarsi stancamente, escludendo qualsiasi sforzo di approfondimento e rinnegando i preziosi contributi che negli anni sono stati, con fatica e rigore, elaborati da intellettuali e studiosi (questi sì autorevoli) preparati e attendibili. Però i segnali dati dalla giunta con simili uscite non vanno sottovalutati, così come va accolta come reazione rilevante la risposta data da alcune scuole, come quella ferma e pacata del Liceo scientifico «da Vinci» di Trento, ben raccontata in un recente servizio apparso la scorsa settimana sul Corriere del Trentino.
Gli interventi di Fugatti, Segnana e, in misura forse più prudente, del nuovo assessore all’istruzione, Bisesti confermano un vizio antico: quello di banalizzare questioni complesse e di avvicinarsi alla scuola con il cipiglio di chi pensa «finalmente, siamo arrivati noi a mettere ordine», ponendo così fine alle derive imperanti. In tale posizione, c’è, al di là delle parole di circostanza, una percepibile disistima sulla capacità delle scuole di sviluppare con intelligenza e responsabilità i propri fini istituzionali, sostenuta non tanto da un’analisi puntuale, bensì fondata sulla convinzione che la scuola debba prima di tutto rispondere alla volontà del governo di turno e non ai dettami della nostra Costituzione e di leggi vigenti.
In questo contesto, l’attività di governo perpetua i modi di una campagna elettorale mai doma (neanche fosse il «Never Ending Tour» di Bob Dylan), solletica le parti più buie di tutti noi, non riconosce bisogni e idee diversi come patrimonio di civiltà, coltiva surrettiziamente elementi di divisione ingiustificati. Vero che la giunta presieduta da Fugatti si è insediata da poco; vero che oggi governare richiede attenzioni, sforzi e saldezze più impegnativi di un tempo; vero che il nuovo governo provinciale ha diritto a un tempo ragionevole per fare scelte, disegnare priorità, avviare progetti; ma è anche vero che, specie per quanto riguarda la politica scolastica, anche in termini programmatici, è stato finora quanto mai evanescente e che le prime mosse sono state deludenti. Siccome bisogna augurarsi che chi amministra, anche se non ha avuto il tuo voto, sia in grado di operare per il bene pubblico e capace di rispettare tutte le istanze legittime dei suoi cittadini (non di un indifferenziato e inesistente popolo!), aspettiamo i prossimi passi e vedremo.
A sua volta, la risposta degli studenti del Liceo scientifico «da Vinci» di Trento è un segnale incoraggiante che va ben al di là del casus belli del crocifisso a scuola. Prima di tutto perché dimostra una presenza non scontata degli studenti su questioni che sembrano indifferenti rispetto alla loro vita quotidiana. Anche quando queste reazioni avessero qualche accento di ingenuità, sono la rappresentazione autentica di volersi prendere cura di se stessi, esercitata in piena consapevolezza e senza mediazioni, nell’ambito di un processo di formazione indispensabile e non delegabile.
Poi, perché difende la storia del proprio istituto, costruita in anni di lavoro da studenti e docenti, attenti al proprio ruolo e compito, coerenti con il dettato costituzionale, sensibile alle tanti ragioni e opinioni che ogni anno abitano le aule del liceo. Infine perché sono l’esempio di una necessità inalienabile nella vita di una scuola, specie superiore, dove l’autonomia scolastica coincide con la conquista dell’autonomia personale di ogni studente. Proprio la difesa e la declinazione responsabile (non velleitariamente antagonista con le altre istituzioni) della propria autonomia, peraltro non dimentica del peso delle leggi che la disciplinano, sono una delle garanzie per un positivo funzionamento della scuola.
Da questo punto di vista, a mio avviso, ogni scuola, coinvolgendo i suoi attori principali (studenti, docenti, dirigenti), potrebbe e dovrebbe tornare a essere interlocutore impegnativo, esigente prima con se stessa, ma poi, senza sconti, con la giunta provinciale e l’assessorato all’istruzione.
Futuro Sbagliato calare le scelte dall’alto, si torni al dialogo