«Ogni volta rivivo il Bataclan Ora basta»
Il papà di Andrea Ravagnani, compagno della Solesin: «È ancora in cura»
TRENTO La voce gli trema quando pronuncia il nome di Valeria Solesin, di suo figlio Andrea e di sua figlia Chiara, che da quella terribile sera del 13 novembre 2015 al Bataclan sono sopravvissuti, al contrario della giovane ricercatrice veneziana, fidanzata di Andrea. Ma a Corrado Ravagnani il dolore, radicato e profondo, si tramuta presto in rabbia, nel pensare che altri ragazzi, come il ventinovenne Alberto Megalizzi, tra la vita e la morte a Strasburgo, «sono massacrati: ogni volta rivivo quel 13 novembre del 2015».
Cosa ha pensato quando ha visto le immagini dei mercatini di Strasburgo?
«È un continuo ripetersi di quanto abbiamo già vissuto. Purtroppo, non vedo nemmeno soluzioni perché non si fa proprio nulla per fermare questi attentati. I governi non agiscono come dovrebbero: dal 13 novembre 2015 non è cambiato nulla».
Secondo lei, come dovrebbe agire la politica?
«Non basta qualche militare a controllare, non cambia nulla, serve una soluzione drastica, definitiva. Il problema del terrorismo va risolto diversamente».
Ha paura?
«Sì, ieri sono andato a prendere mia moglie in aeroporto e ho pensato che poteva succedere anche lì. Ne sono convinto, se continua così, tra due anni chiuderemo i nostri mercatini, non che li frequenti molto ma sono parte delle nostre tradizioni e temo, anzi sono sicuro, che arriveremo a doverli chiudere».
Ha avuto modo di parlare con Andrea dopo Strasburgo?
«No, non ci siamo parlati ancora. Lo vedremo quando torna per Natale, parleremo allora, non è facile».
A tre anni dalla morte di Valeria, come sta Andrea?
«Sta un po’ meglio, lui e Chiara sono seguiti da uno specialista. Andrea è ancora a Parigi, vive nella stessa casa che condivideva con Valeria, continua a lavorare e stare lì. Speriamo che il processo ora cambi la situazione».
Il processo per la strage del Bataclan?
«È iniziato da poco e con il nuovo anno entrerà nel vivo, vedremo cosa succede».
Queste ore di attesa per la sorte di un giovane trentino come voi, dopo l’ennesimo attacco terroristico devono essere particolarmente dure
«Mi spiace moltissimo per il ragazzo colpito dal terrorista, ma il fatto che sia anche lui di Trento non cambia: il dolore è identico per tutte le persone massacrate, lo so, sono pessimista ma non vedo, su scala internazionale, la volontà di risolvere il problema del terrorismo islamico, va fermato e vanno fermati gli arrivi».
Lei è convinto che serva uno stop all’immigrazione?
«So bene che i terroristi sono cresciuti qui, in Europa, ma, come ho già detto, ritengo che il problema vada risolto diversamente. È inutile far finta di niente: l’immigrazione in passato era diversa, mi riferisco a quella di vent’anni fa, ho avuto molti compagni di lavoro stranieri ed erano tutti qua per guadagnarsi una vita diversa. Anche Valeria e Andrea erano immigrati e loro a Parigi non hanno mai avuto problemi».
Nessuna luce in fondo al tunnel?
Continuità Mio figlio vive ancora a Parigi, nella stessa casa in cui stava con Valeria Lo vedrò a Natale
«Non sono un elettore di Salvini, questo governo però mi dà un po’ più di fiducia, per la stretta che vuole dare ad alcune situazioni, la voce grossa che fa il Ministro magari fa arrivare un messaggio chiaro a chi di dovere».