«Sergio e Luisa, atto estremo, meditato Ma non erano soli»
Il medico: c’era una rete intorno a loro. L’amico: «Sergio voleva bene a mio figlio Giuliano»
«Un atto estremo, meditato, ma non si è trattato di un dramma della solitudine», così Bruno Bolognani, il medico della casa di riposo di Mezzolombardo che ha seguito Luisa Zardo, la donna di 87 anni, protagonista con il marito Sergio Cini, di 85, della tragedia di Fai. Il ricordo dell’amico Iginio Romeri.
TRENTO Una coppia più che unita, che viaggiava all’unisono, dalla gioventù quando si sono conosciuti e sposati fino alla vecchiaia, condivisa tra gioie e sofferenze, sempre di più le seconde con l’andare degli anni e delle malattie della donna, ma sempre uniti e innamorati come due trentenni. Questo il ritratto di chi li vedeva nella casa di riposo. «Non si è trattato di un dramma della solitudine o di una morte dell’indifferenza», ci tiene a precisare Bruno Bolognani, il medico della casa di riposo S. Giovanni di Mezzolombardo che ha seguito Luisa Zardo, la donna di 87 anni, protagonista col marito Sergio Cini, di 85, della tragedia di mercoledì. Entrambi i coniugi, originari di Venezia, ma residenti da anni a Fai della Paganella, sono stati trovati morti abbracciati l’uno all’altro dopo il gesto estremo di suicidio-omicidio dell’uomo con due colpi di pistola. Alla base della tragedia, secondo Bolognani, l’impossibilità di poter vivere autonomamente e insieme il resto della vita. Erano sempre insieme, anche quando lei era nella casa di riposo: lui la raggiungeva e, appartati, rimanevano insieme fino all’orario consentito, lui faceva tutti i giorni su e giù da Fai a Mezzolombardo. «Non hanno visto via d’uscita: è stato un gesto estremo, meditato, ma non erano abbandonati: c’era tutta una rete di assistenza attorno a loro».
Qualcuno, ieri pomeriggio, al civico 14 di via di Cortalta ha lasciato due fiori arancioni. Ha legato con cura i gambi accanto al cancello dell’abitazione di Sergio Cini e Luisa Zardo, proprio vicino alla cassetta delle lettere rossa. La villetta a due piani dove i due coniugi sono stati trovati morti uno accanto all’altro mercoledì mattina è ancora sotto sequestro. La Procura, che ha archiviato il caso, non ha ancora concesso il nulla osta alla sepoltura e le salme della coppia si trovano nella camera mortuaria di Fai della Paganella, dove nel tardo pomeriggio è arrivata la figlia Sonia, residente a Padova ma rintracciata a Roma.
Soffia un vento gelido a Fai. L’utilitaria grigia dei coniugi Cini è parcheggiata davanti all’ingresso, l’abitazione è chiusa. Intorno, silenzio. Quando il sole inizia a calare comincia il via vai di turisti dalle piste da sci, molti di loro non sanno nulla del modo in cui Sergio e Luisa hanno deciso di andarsene. Insieme, così come avevano trascorso l’intera loro vita. Dalla falegnameria di Giuliano Romeri, il più caro amico della coppia da oltre vent’anni, al quale è toccato trovare i due anziani accasciati sul divano mercoledì, proviene rumore di attrezzi. All’interno non c’è lui, bensì il padre Iginio, che di fare il falegname ha smesso, ma che ieri doveva «finire un lavoro per la moglie, una rete che tenga separati i nostri due gattini dalle tartarughe». Ha gli occhi lucidi, il cuore è gonfio di dolore: per la perdita degli amici, che conosceva da decenni, ma anche per la sofferenza toccata a suo figlio. «È bravo se riesce a sopportarla – ci confida sull’uscio del laboratorio – perché vede, il papà tante volte con i propri figli è un po’ rigido, invece Sergio, non essendo il papà di Giuliano, gli voleva forse più bene di me». La voce si incrina per un attimo. Ma Sergio e Luisa erano prima di tutto buoni amici: «Lo siamo diventati per il mio lavoro di falegname – racconta – quando Sergio lavorava a Milano abbiamo portato loro i mobili lì, poi è venuto a Trento e abbiamo fatto insieme tutto il trasloco e poi anche a Bolzano». Insomma, la famiglia Romeri per i coniugi Cini era un punto di riferimento.
«La casa dove abitavano era di proprietà di due sacerdoti, poi l’aveva acquistata un geometra di Trento e infine un signore di Roma – aggiunge Iginio – quando l’hanno comprata loro, io ho fatto tutto l’arredamento». E Giuliano «era come un figlio per loro». A Natale Sergio aveva telefonato dalla casa di riposo: «Non posso trascorrere il Natale senza farvi gli auguri», ci aveva detto poi a mia moglie aveva passato Luisa, ma non era riuscita a capire quello che le aveva detto».
Iginio Romeri Ci avevano chiamato a Natale. Ma non capimmo Luisa