Carmine Abate «Pregiudizio, il virus odierno»
«Ascoltare le storie degli altri, rispettarli, sconfiggere insieme l’odio, l’intolleranza e il razzismo: è questo il mio augurio per il 2019». Carmine Abate guarda al nuovo anno nel solco del suo ultimo fortunato romanzo, «Le rughe del sorriso» (Mondadori), ambientato in Africa e nei centri di seconda accoglienza del Sud Italia. «Il virus di oggi è il pregiudizio»
«Ascoltare le storie degli altri, rispettarli, sconfiggere insieme l’odio, l’intolleranza e il razzismo: è questo il mio augurio per il 2019». Carmine Abate inizia l’anno nuovo nel solco del suo ultimo fortunato romanzo, «Le rughe del sorriso» (Mondadori), ambientato in Africa e nei centri di seconda accoglienza del Sud Italia. Lo scrittore vincitore del premio Campiello 2012, calabrese di etnia arbëreshe ma residente da circa trent’anni a Besenello, continuerà a raccontare le storie dei migranti, «quelle vere, reali, fatte di uomini, donne e bambini in carne e ossa, non le fake news, i numeri freddi e astratti, gli stereotipi e i pregiudizi che ci vengono continuamente propinati».
Abate, qual è il suo personale bilancio del 2018?
«Nel mio libro “Le rughe del sorriso”, pubblicato a metà ottobre scorso, ho proposto una narrazione realista del fenomeno migratorio, raccontando sotto forma di romanzo le storie che ho visto e sentito di persona nei centri di seconda accoglienza e in luoghi emblematici come Riace, Rosarno e Lampedusa. Ho visto le violenze subite dai migranti nel corpo e nell’anima e il grande lavoro del personale dei centri per rimediare a tutto ciò, constatando così quante notizie false e denigratorie circolino su questo fenomeno per pura propaganda elettoralistica, per una politica della paura; mai come nel 2018 siamo stati riempiti di notizie false e stereotipi su questo argomento. Mi piacerebbe perciò che il mio libro fosse letto sia dal presidente della Provincia Fugatti – per conoscere e valorizzare la solidarietà dei molti trentini virtuosi che cito nel libro, come don Elio Sommavilla – che dal vicepremier Salvini, magari assieme all’articolo 10 della Costituzione e alla Convenzione di Ginevra; ma dubito che lo faranno. È stato più semplice (e gratificante) parlarne e donarne una copia a papa Francesco, uno dei pochi che ascolta davvero il grido di aiuto e di dolore dei migranti ricordando che anche i suoi genitori lo sono stati».
Il 2018 si è concluso tragicamente con la morte di Antonio Megalizzi, calabrese di origine e residente in Trentino,
Quali sfide ci attendono nell’anno appena cominciato? Il Corriere del Trentino ha pensato di rispondere a questa domanda con una serie di interviste a personaggi di primo piano del mondo economico, scientifico, culturale e della società. Lo scopo è di mettere nero su bianco le aspettative di una Provincia autonoma che vuole guardare al futuro con gli occhi di chi ha una prospettiva decisa a travalicare i nostri confini.
Del resto, questo territorio ha un avvenire se continua a essere cerniera tra mondi diversi, tra nord e sud Europa, incrocio di culture e di lingue.
Dopo Domenica Primerano e Camilla Lunelli, oggi guardiamo alle sfide del 2019 con lo scrittore-insegnate Carmine Abate. voce a tutti è l’unico modo per abbattere il muro del razzismo e dell’intolleranza che si sta alzando sempre di più in tutta Europa».
Anche qui in Trentino?
«No, non direi: a parte alcuni singoli episodi e l’appannamento di certi valori a livello politico, in Trentino siamo ben lontani da una deriva razzista. Qui ritrovo il meglio del Nord e del Sud: con i suoi numerosi e straordinari esempi di solidarietà e altruismo, questa terra di mezzo — che ho sempre percepito come luogo di contatto e non di divisione tra gli uomini — mi ha arricchito umanamente e culturalmente; è grazie a essa che ho cominciato a “vivere per addizione”. Un altro aspetto che ho sempre apprezzato del Trentino è la grande attenzione alla tutela del territorio e alla qualità della vita. Per questo mi ha colpito sentire Fugatti riesumare il progetto della Valdastico, un’opera inutile e dannosa, una vera e propria contraddizione in termini rispetto ai valori e alle aspettative della comunità».
Cosa chiede al 2019?
«Ritrovare il senso della solidarietà, dell’accoglienza, del rispetto per gli altri; proteggere i diritti umani, ascoltando, dialogando, facendo resistenza culturale e contribuendo ognuno coi propri mezzi a fermare la deriva rovinosa in atto per offrire invece una prospettiva fatta di uguaglianza e altruismo».
Oltre al suo, quale libro ci consiglierebbe per capire davvero il fenomeno dell’immigrazione?
«Sicuramente “La frontiera” (Feltrinelli) del mai troppo compianto Alessandro Leogrande, un testo fondamentale, di cui mi ripeto sempre, come una sorta di mantra, un passaggio che ho voluto inserire alla fine del mio romanzo: “Bisogna farsi viaggiatori per decifrare i motivi che hanno spinto tanti a partire e tanti altri ad andare incontro alla morte. Sedersi per terra intorno a un fuoco e ascoltare le storie di chi ha voglia di raccontarle, come hanno fatto altri viaggiatori fin dalla notte dei tempi”».
Sta già lavorando a un nuovo libro?
«Non ancora: devo sentire l’urgenza, la necessità di scrivere, come è successo per “Le rughe del sorriso”. Perciò nei prossimi mesi continuerò a raccontare la migrazione, soprattutto nelle scuole: i ragazzi stanno apprezzando molto la storia della somala Sahra e del giovane professore d’italiano che la cerca, simboli di un incontro possibile, necessario, tra le culture. Come scriveva Elias Canetti: “Raccontare, raccontare, finché non muore più nessuno”».
Ho visto le violenze subite dai migranti, siamo stati riempiti di notizie denigratorie
La chiave dell’integrazione è il dialogo Conoscere l’italiano agevola la sicurezza