ASSEGNO UNICO, UN ERRORE OMOLOGARSI
La decisione di Fugatti di cancellare l’assegno unico per abbracciare il reddito di cittadinanza, è preoccupante. Un errore politico.
L’appello
La giunta promuova tutti gli investimenti che vuole ma non li sottragga al sociale
Ipotesi
È possibile individuare uno strumento di raccordo
Le dichiarazioni del presidente Fugatti in merito alla volontà di cancellare l’Assegno unico provinciale — Corriere del Trentino di mercoledì — come mera conseguenza automatica dell’introduzione del reddito di cittadinanza nazionale sono davvero preoccupanti poiché testimoniano un appiattimento della Provincia sulle ricette stataliste e centraliste.
Il Trentino arretra in un ambito nel quale siamo stati precursori e anticipatori. Capaci, grazie all’esperienza del reddito di garanzia poi maturata nell’Assegno unico, di produrre innovazione non solo rispetto ad uno Stato che è spesso intervenuto con ritardo, ma anche rispetto alle più virtuose esperienze regionali italiane ed europee.
Colpisce che questa giunta si accomodi ad accettare gli esiti di una misura, il reddito di cittadinanza, che dichiara di mal digerire nonostante a Roma venga sostenuta con gli stessi voti leghisti: con buona pace non solo del protagonismo politico, amministrativo e legislativo appena ricordato, ma anche in barba a una nostra precisa competenza statutaria quale quella sancita dall’articolo 8 comma 1 numero 25. Una previcostruire sione sulle cui spalle poggiano — normativamente — anni di sperimentazione e di gestione autonoma e innovativa delle nostre prerogative speciali, alle quali decidiamo ora di rinunciare con una sorta di malcelato sollievo («ci pensano loro, ci pensa lo Stato») che è quanto di più lontano dallo spirito di orgogliosa autogestione che ha sempre connotato la nostra comunità.
Proprio per salvaguardare lo spirito autonomistico e le opportunità del nostro Statuto sarebbe invece possibile uno strumento di coordinamento tra intervento statale e misure provinciali già previsto per il rapporto tra l’Assegno unico e il Reddito di inclusione (Rei).
Lascia davvero perplessi, infine, l’annuncio di voler utilizzare le risorse che avanzerebbero dalla cancellazione dell’assegno unico provinciale per alcuni non meglio precisati «investimenti». Su questo punto vorrei essere particolarmente chiaro: la giunta promuova tutti gli investimenti che crede e che vuole, ma trovi le risorse senza sottrarle dal sociale magari recuperando i 70 milioni evaporati nella finanziaria del governo. E dico questo in termini assoluti e a maggior ragione se la preoccupazione è che il reddito di cittadinanza possa produrre assistenzialismo. Perché so- lo mantenendo quelle risorse sul sociale è stato possibile intervenire con attori e misure (Agenzia del lavoro, rete dei servizi per il reimpiego, strumenti a favore della mobilità sociale) che in questi hanno evitato, sul nostro territorio, la passività e l’inerzia che ora si teme.
S’investa nei servizi, nelle politiche del lavoro, se si vuole creare mobilità sociale ed equità. E prima di fare scelte di «ritorno all’indietro» si coinvolgano le parti sociali e soprattutto gli attori della rete dei servizi presenti sul territorio.