Migranti, il sindaco cerca l’unità con i municipi
L’intento è di percorrere una strada che sia il più possibile condivisa con i cittadini. Per questo Alessandro Andreatta nelle prossime settimane organizzerà una serie di incontri, a partire dai residenti della zona di piazza Santa Maria Maggiore, per approntare un progetto da presentare alla Provincia entro il 31 gennaio e ottenere il finanziamento di 50.000 euro legato al presidio dei luoghi sensibili del capoluogo. Il dibattito, come noto, riguarda la proposta fatta a fine novembre dalla giunta Fugatti di istituire un servizio di vigilanza privata fuori dalla chiesa che ospitò il Concilio per garantirne l’apertura, dopo che la basilica, in seguito a una serie di vandalismi e di furti alle cassette delle elemosine, era aperta solo in certi orari grazie alla presenza di volontari. Sul tema dei vigilantes fuori dalla Chiesa si era discusso parecchio e alla fine il primo cittadino di Trento era riuscito fare in modo che nella delibera della Provincia non si facesse riferimento a «guardie giurate» e nemmeno a «luoghi di culto», sostituiti da più laici «luoghi sensibili». Ora Andreatta intende entrare nel vivo ascoltando l’opinione di tutti quelli che potremmo definire gli «stakeholders»: dal comitato dei residenti di Santa Maria al parroco, dalla Fondazione Demarchi ai volontari che hanno garantito l’apertura del luogo di culto, dagli alpini che hanno dato loro una mano alla polizia locale. Coinvolgere direttamente la popolazione per decidere nella maniera più condivisa possibile come utilizzare al meglio i fondi provinciali.
Palazzo Thun attenderà invece gli sviluppi del dibattito in seno al Consiglio delle autonomie prima di intraprendere qualsiasi azione rispetto alle conseguenze del decreto sicurezza. Anche in questo caso, l’idea di fondo è che qualsiasi atto si pensi di mettere in pratica, seppur minimo, acquisterebbe tutta un’altra valenza se condiviso dall’assemblea dei Comuni trentini. Rimane la volontà di trovare una soluzione, o perlomeno porre un argine, al disagio che la mancata iscrizione all’anagrafe potrebbe comportare per i richiedenti asilo.