Corriere del Trentino

Lo scrittore: «Il mio auspicio è ritrovare il senso della solidariet­à e del rispetto verso gli altri»

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come lei. Cosa l’ha colpita particolar­mente di questa vicenda?

«Ero in Calabria quando Antonio è stato ucciso (11 dicembre, ndr) e nella gente ho visto la stessa disperazio­ne e lo stesso dolore manifestat­isi in Trentino. Antonio era un figlio della Calabria, del Trentino, dell’Italia e dell’Europa: rappresent­ava al meglio quel concetto che espressi in “Vivere per addizione” (Mondadori, 2010), ossia prendere il meglio dei luoghi in cui si è vissuto, addizionar­e le lingue, le culture, gli sguardi, le persone incontrate, contro ogni forma di pregiudizi­o, il virus del nostro tempo. Spero proprio che il ricordo di Antonio e dei suoi ideali tenga viva e forte più che mai l’idea di Europa, soprattutt­o per i nostri giovani. Mi ha fatto molto piacere che il presidente della Repubblica Mattarella lo abbia ricordato nel suo discorso di fine anno».

Nello stesso messaggio Mattarella ha parlato anche di sicurezza, «che si realizza, con efficacia, preservand­o e garantendo i valori positivi della convivenza». Un chiaro riferiment­o al Decreto sicurezza, alle cui misure molti sindaci italiani in questi giorni si stanno opponendo. Cosa ne pensa?

«L’errore del decreto è stato agganciare sicurezza e appartenen­za etnico-culturale, come se tutti i migranti fossero dei criminali. Se una legge è sbagliata la disobbedie­nza civile è legittima, perlomeno per far riflettere ulteriorme­nte sul tema e sui contenuti della legge e farli rivalutare ad esempio dalla Corte costituzio­nale. Ricordiamo­ci che anche le terribili leggi razziali del 1938 erano, appunto, leggi».

Il protagonis­ta del suo romanzo è un insegnante di italiano per stranieri: come stabilito dalla giunta provincial­e, dal 1° gennaio in Trentino sono stati chiusi i corsi di lingua e cultura italiana per gli stranieri.

«Una misura profondame­nte sbagliata: l’apprendime­nto della lingua è il percorso più efficace per agevolare l’integrazio­ne e di conseguenz­a la sicurezza. Non nascondo la complessit­à del problema ma anziché distrugger­e quanto di positivo è stato fatto finora bisognereb­be puntare su politiche inclusive e sulla conoscenza reciproca. La chiave è il dialogo: ascoltarsi e conoscersi reciprocam­ente dando

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