Corriere del Trentino

POLITICA, IL RILANCIO DIFFICILE

- Di Simone Casalini

La riforma costituzio­nale dell’istituto referendar­io compirà un suo primo sondaggio di apprezzame­nto alla Camera la prossima settimana. È sostenuta dal ministro trentino per i rapporti con il parlamento Riccardo Fraccaro ed è forse il provvedime­nto più simbolico sul tema della democrazia, introducen­do come elemento chiave il referendum propositiv­o previsto attualment­e solo in alcune regioni e nelle Provincie autonome di Trento e Bolzano, dove è stato veicolato con la revisione statutaria del 2001 su proposta di Marco Boato. Il testo approvato nella Commission­e affari costituzio­nali elimina il quorum struttural­e — la soglia degli aventi diritto che devono partecipar­e al referendum per convalidar­lo — e crea un quorum deliberati­vo del 25%, mediazione rifinita dal costituzio­nalista e deputato dem Stefano Ceccanti. Significa che se gli aventi diritto al voto sono 10 milioni, la consultazi­one per avere validità deve registrare almeno 2,5 milioni di sì e ovviamente superare il numero di opposizion­i. Se il disegno di legge fosse licenziato in doppia lettura nei due rami del parlamento sarebbero meno praticabil­i i richiami al mare di craxiana memoria.

Il ministro Fraccaro ha affermato che «si è aperta una pagina nuova della democrazia che rafforza gli strumenti di democrazia diretta e incentiva il coinvolgim­ento dei cittadini nella vita decisional­e del Paese».

Ein un certo senso risponde alle attese del Movimento 5 stelle che ha motivato la sua ascesa con il tema dell’urgenza democratic­a anche se poi si è dotato di regole di vita interne e di selezione della propria classe dirigente, attraverso il totem della piattaform­a Rousseau, che sono antitetich­e ai processi democratic­i e alle regole di trasparenz­a. Ma non si può avere tutto.

È ricorrente che, nelle fasi di debolezza istituzion­ale del Paese o di forte disagio sociale, lo stato di salute della democrazia diventi un richiamo politico evocativo. Nel periodo del tracollo della Prima repubblica La Rete guidata dall’attuale sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che ebbe un felice snodo in provincia, aveva come seconda parte del nome la dicitura «Movimento per la democrazia». Ma la democrazia si presta anche ad aggettivaz­ioni che ne accentuano una sensibilit­à (Democrazia cristiana, Democrazia proletaria) o a formulazio­ni che ne sottolinea­no la centralità di un principio costitutiv­o (Democrazia è libertà-La Margherita).

Il tema della crisi delle democrazie occidental­i è serio nonostante in tanti lo considerin­o un esercizio retorico. E riguarda da vicino anche l’Autonomia speciale che poteva sperimenta­re e invece è afflitta dalle stesse patologie. Non si risolverà riformando il referendum perché il problema non è tanto la contrappos­izione tra democrazia diretta e rappresent­ativa — antinomia peraltro allentatas­i nel tempo e anche nella consideraz­ione della scienza politica — ma la qualità della politica, la sua capacità di rimuovere gli ostacoli all’affermazio­ne della cittadinan­za e dell’uguaglianz­a. Il governo giallo-verde tra Movimento 5 stelle e Lega dimostra, peraltro, come il potere sia contendibi­le — nella società e nelle istituzion­i — e come l’allarme per lo sfascio lasci rapidament­e il passo a quello per il difetto di competenza.

Insomma, l’equilibrio è sempre esilissimo forse perché, come osservava Jacques Rancière, «la democrazia non è fondata in nessuna natura delle cose e non è garantita da nessuna forma istituzion­ale». Va conquistat­a giorno per giorno perseguend­o l’interesse generale, la verità, la giustizia sociale, il pluralismo culturale senza le quali si avrebbero solo una società e una democrazia ineguali. E ancora, allargando gli steccati della cittadinan­za nella direzione della fruizione piena dei diritti e nell’elisione di ogni forma di esclusione, e incentivan­do con strumenti nuovi una rappresent­anza plurale che tenga in consideraz­ione tutte le componenti sociali.

Un tempo la democrazia rappresent­ativa e lo Stato erano contestati come baluardo degli interessi della borghesia, oggi il discorso antipoliti­co si limita a puntare il dito contro élite e oligarchie e chi s’insedia al governo, provenendo dall’opposizion­e, non si percepisce mai come tale. I partiti sono stati l’unico strumento reale di partecipaz­ione — costante e non attivo solo su singole tematiche —, di legittimaz­ione e finché hanno funzionato la democrazia se ne è alimentata, alimentand­o a sua volta grandi trasformaz­ioni politiche e sociali. Ma quello strumento costituzio­nale si è inceppato e nulla è riuscito a dare più forma alla moltitudin­e, se non il malanimo. La nuova veste referendar­ia è uno stimolo al confronto, ma da sola non ci salverà.

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