Reddito cittadinanza, ecco i numeri: possibili risparmi fino a 13,3 milioni
Potrebbe arrivare a 13,3 milioni il risparmio della Provincia per il reddito di cittadinanza. Le cifre sono state illustrate ieri dal governatore Maurizio Fugatti ai capigruppo provinciali, non senza polemiche proprio per l’assenza di dati. Si tratta, in ogni caso, di numeri ancora indicativi: 3,4 milioni saranno risparmiati se passerà l’emendamento di Fugatti sull’innalza- mento della residenza da tre a dieci anni, gli altri dieci sono legati all’emendamento parlamentare per confermare la complementarietà delle misure provinciali rispetto a quelle statali. Critiche le opposizioni, che hanno chiesto di rinviare la questione. Oggi è previsto il voto: per la variazione di bilancio si potrà anche andare a oltranza.
TRENTO «Tra qualche anno raccoglieremo i cocci di questa decisione». Alessandro Olivi non usa giri di parole. Di fronte all’emendamento presentato da Maurizio Fugatti sul reddito di cittadinanza-assegno unico — che alza da 3 a 10 la residenza per la quota A e toglie la residenza «storica» — il vicepresidente del consiglio provinciale si mostra in linea con il giudizio dei sindacati. «Questa misura — osserva l’esponente pd — ha una valenza propagandistica simbolica che produrrà gravi effetti distorsivi sull’equità sociale. E sarà gravemente inefficace». Un provvedimento, prosegue Olivi, «ai confini della tenuta costituzionale, che provocherà più tensione sociale: si creerà una frattura culturale e sociale». Non solo: «L’emendamento colpirà anche i trentini che vanno all’estero e poi tornano». Senza contare, conclude il consigliere, «che non si sa ancora dove verranno reinvestiti i soldi risparmiati».
«Difficile dare un giudizio a una misura che nessuno spiega» tuona Filippo Degasperi. Che ieri mattina ha chiesto in Aula la sospensione dei lavori proprio per approfondire la questione: «Serve un po’ di tempo per giudicare. Questo emendamento non è passato nemmeno in commissione» spiega il capogruppo dei 5 Stelle. Che «prende atto» della «mediazione politica» romana sui dieci anni di residenza. Anche se, ammette, «per quanto ci riguarda abbiamo sempre portato avanti la linea dei cinque anni di residenza. Ci sembrava ragionevole».
Ancora critici i sindacati. Che dopo aver bocciato l’innalzamento a dieci anni del requisito di residenza, ora stigmatizzano «l’assenza di dialogo sulla manovra». «I risparmi che verranno a crearsi sull’assegno unico — è l’auspicio dei segretari di Cgil, Cisl e Uil — devono essere reinvestiti nel sistema di welfare provinciale».