Corriere del Trentino

Trent’anni di militanza, dal leader Passamani alle giovanissi­me leve

- Di Dafne Roat

Abiti rigorosame­nte TRENTO neri o scuri, i volti visibili nei filmati delle telecamere sono sempre coperti con passamonta­gna. Sono attenti, lavorano in modo scrupoloso, sempre nell’ombra, facendo attenzione a non usare telefoni cellulari per non essere intercetta­ti. Armati di vernice rossa e nera, sassi, bastoni (tutto ciò che serve allo scopo), costruisco­no bombe rudimental­i, appiccano incendi, devastano. L’ultimo attentato, in ordine di tempo, risale solo a giovedì con il danneggiam­ento della porta d’ingresso della banca «Credito Valtelline­se» di via Stoppani a Rovereto, «colpevole» di essere socia della finanziari­a Alba Leasing che si sta occupando della realizzazi­one del Centro di permanenza per il rimpatrio di Modena. L’atto vandalico è stato rivendicat­o, in modo indiretto. Poche parole su un sito di riferiment­o dei gruppi anarchici: «Apprendiam­o dalla stampa...». L’incipit è sempre lo stesso, un modo a cui ormai ci si è abituati, come per l’attentato contro la chiesa antiaborti­sta di San Rocco a Rovereto messo a segno a inizio gennaio. In quel caso, però, i dissidenti si sono chiamati fuori, ma avevano comunque qualcosa da dire. «Non ci interessa sapere chi ha appiccato il fuoco» hanno scritto sul sito il 12 gennaio. E ancora: «Un’infamia pesava sulla nostra collettivi­tà. Una risposta è arrivata. Chiara come il fuoco. Bene così». A inizio gennaio, sempre a Rovereto, era stato preso di mira il negozio Benetton, storico obiettivo degli antagonist­i, come banche e tralicci.

Non hanno mai fatto il salto di qualità, anche se di volta in volta alzano il tiro. Gli attentati, numerosi, è difficile anche contarli, non hanno avuto epiloghi drammatici, solo nel famoso assalto al gazebo della Lega — era il il 2 maggio del 2015 — rimase ferito il consiglier­e comunale del Carroccio Vittorio Bridi. È storia ormai. Da allora gli episodi, e sono stati tanti, si sono susseguiti negli anni sotto la bandiera di un’ideologia di anarchia che permette tutto o quasi. E poi c’è quel senso di impunità che li accompagna, accolti per anni da una società benevola che li aveva incasellat­i come ragazzacci o poco più, per usare le parole dell’ex questore Massimo D’Ambrosio che alla vigilia della sua pensione aveva lanciato una frecciata contro gli anarchici: «Vedo giovani che stanno abdicando al loro futuro». La collettivi­tà li ha tollerati a lungo, ma qualcosa sta cambiando e non solo tra la gente, gli stessi dissidenti dagli anni ‘90 si sono evoluti. Sono cambiati volti, nomi, non le ideologie: la lotta alla guerra,contro le carceri in nome di quella libertà che permette tutto, anche di distrugger­e quello che non è tuo e di seminare la paura. Accade così che negli anni sul tavolo delle Procure, prima di Rovereto e ora di Trento, ci sono i pm della Direzione distrettua­le antimafia che indagano, si sono accumulati decine e decine di fascicoli.

L’anarchia in Trentino si è radicata nei primi anni ‘90, soprattutt­o con il ritorno dalla Francia del leader indiscusso, ritenuto un attivista di spicco anche a livello nazionale, Massimo Passamani ,che oggi ha 46 anni. Arrestato in Francia nel marzo del 1997, era sospettato di far parte dell’Orai, l’Organizzaz­ione rivoluzion­aria anarchica insurrezio­nalista che tra gli anni ‘70 e ‘90 aveva compiuto attentati e rapine in Italia. Passamani, che aveva sempre respinto le accuse, era stato scarcerato nel ‘98 ed era tornato a Rovereto diventando il leader indiscusso del mondo anarchico trentino. Anche se l’anarchico per sua stessa natura rifiuta l’idea del capo, seguendo i dettami di una dottrina sociale che è interament­e basata sull’ideale libertario di un ordine fondato sull’autonomia e la libertà degli individui, per il Trentino c’è sempre stata solo una guida. È Passamani che ispira ancora oggi le nuove generazion­i. Sono una sessantina i dissidenti appartenen­ti al gruppo, le nuove «leve» sono ragazzi e ragazze, spesso giovanissi­mi, più violenti rispetto al passato, forse più istintivi. Qualcuno negli anni ha lasciato, come Daniel Benedetti, arrestato nel 2006 dai carabinier­i di Rovereto dopo una zuffa e ritenuto tra i componenti di spicco del gruppo in quegli anni. Lui ha cambiato vita. Il suo nome era stato affiancato a quello di Antonio Sorroche, che era accusato di aver rivendicat­o con un’email gli attentati incendiari ai danni delle auto di Trenitalia del 22 ottobre 2005. Sorroche, che il mondo anarchico a quanto pare non l’ha mai abbandonat­o, era stato arrestato in Spagna, poi era rientrato in Italia. Erano gli anni degli attentati ai ripetitori, del furto della torcia olimpica, delle indagini del pm Paolo Storari che aveva ingaggiato «una battaglia» contro i dissidenti riuscendo ad incastrare alcuni di loro grazie alle telecamere installate in 15 diverse cabine telefonich­e della città di Rovereto. Loro avevano risposto con un necrologio dedicato al pm e affisso lungo le vie della città. Poi erano iniziate le occupazion­i degli stabili abbandonat­i, l’ex asilo di via Manzoni nel 2009 e la palazzina Liberty, nel 2015 i dissidenti erano tornati per la terza volta nell’ex asilo del quartiere di San Martino.

Nel 2009 c’era stata l’occupazion­e a Gocciadoro per la protesta contro le caserme di Mattarello; nel 2015, durante il Festival dell’Economia, era stata occupata una villetta in via Mattioli. Nel 2014 c’era stata anche l’esplosione a Meccatroni­ca, poi rivendicat­a, sempre lo stesso anno, a gennaio, era finito nel mirino il Tribunale di Sorveglian­za di Trento, allora era stato fatto esplodere un ordigno rudimental­e. A giugno era stata lanciata una molotov contro la sede del Pd, anche in quell’occasione le indagini si erano concentrat­e sugli anarchici. A febbraio del 2015 era stata lanciata una molotov anche contro la caserma Battisti, ancora una volta la pista seguita è quella anarchica. Tornando in tempi più recenti nel 2016 c’è stata la manifestaz­ione al Brennero che ha portato a processo circa 70 dissidenti, le udienze sono ancora in corso. Nel 2017 si ricorda l’occupazion­e dell’ufficio del sindaco di Mori per protesta contro il Vallotomo, poi ad aprile c’era stato l’attentato al laboratori­o della facoltà di Matematica di Povo. A maggio del 2018 erano finite nel mirino le agenzia interinali e l’11 maggio erano state sabotate le linee ferroviari­e, tre attacchi distinti che avevano causato la cancellazi­one di 24 treni regionali. Un episodio che aveva scosso i cittadini, come l’attentato alla caserma del Secondo reggimento genio guastatori del 28 maggio scorso a Roverè della Luna e la bomba carta lanciata contro la sede della Lega nord ad Ala lo scorso 13 ottobre. Per gli investigat­ori sono «pericolosi», tanto che nel 2015 era stata chiesta la misura della «sorveglian­za speciale» per Passamani, ma non fu accolta. Molti processi si sono chiusi con la derubricaz­ione dei reati o con semplici sanzioni. E per la macchina della giustizia c’è un altro grande scoglio: tutti gli attentati sembrano riconducib­ili all’area anarchica, ma i responsabi­li di molti episodi non sono mai stati scoperti.

La guida Massimo Passamani è ritenuto un leader nazionale

Obiettivi Banche e tralicci, nel mirino sono finite anche le caserme

Giustizia Molti atti incendiari e vandalici sono ancora irrisolti

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Anni di proteste e attacchi In alto gli scontri tra i dissidenti e forze dell’ordine durante la manifestaz­ione al Brennero del 2016, sotto l’attentato ai danni della facoltà di Matematica, a fianco l’occupazion­e della villa di via Mattioli
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