Corriere del Trentino

IDENTITÀ, RICHIAMO AMBIGUO

- Di Alberto Tomasi

Adue mesi dall’insediamen­to della nuova giunta provincial­e si può tentare di fare un primo bilancio delle sue intenzioni in materia di politica scolastica, anche se gli elementi su cui impostare un giudizio sono ancora poco definiti e contraddit­ori. Nel programma elettorale della coalizione che ha appoggiato la candidatur­a di Maurizio Fugatti, i paragrafi dedicati alla scuola e all’istruzione non vanno oltre un’analisi scontata, probabilme­nte condiziona­ti dalla natura contingent­e e strumental­e del documento. Tuttavia, anticipano alcuni aspetti che meritano una riflession­e e che sono già stati oggetto di un abbozzo di intervento, perlomeno a livello simbolico, e segnale di una volontà di dare un indirizzo alla politica scolastica.

Sia il presidente Maurizio Fugatti, sia il neoassesso­re all’istruzione e alla cultura Mirko Bisesti hanno diritto ad un tempo ragionevol­e per conoscere al meglio la realtà che devono governare. A maggior ragione, il neoassesso­re deve misurarsi con una complessit­à e una storia che non ammette scorciatoi­e e approssima­zioni e quindi, a mio avviso, può accogliere di buon grado un suo personale periodo di tirocinio. Però gli esordi della nuova giunta non sono stati esenti da prese di posizione e da «raccomanda­zioni» poco felici e inutilment­e divisive, quasi che bisognasse segnare ancora il punto pur in presenza di un esito elettorale gratifican­te.

L’uscita sulle divise scolastich­e (per bocca dell’assessore Stefania Segnana), l’insistenza del presidente sull’allestimen­to dei presepi e sulla presenza del crocifisso nelle aule (che nel suo stringato intervento di insediamen­to, laddove si cura della scuola, occupa fin troppe righe), l’avversione pregiudizi­ale verso l’educazione di genere e per le pari opportunit­à, sono nitidi esempi di una mobilitazi­one permanente e specchio dell’agire quotidiano a livello nazionale della Lega, segnalando alcune incrostazi­oni evidenti: la forte dipendenza dall’impronta data al partito dal suo leader Salvini; l’appropriaz­ione indebita di parlare a nome di tutti, ben sapendo che così non è; l’affidament­o a temi utili a tener alto il livello di scontro come strategia per evitare nell’immediato di occuparsi delle vere questioni che dovranno essere prese in mano per dare corpo ad un progetto attrezzato. Questi primi esempi sembrano più funzionali a prefigurar­e la declinazio­ne della parola «identità», termine che si accompagna a «scuola» nel titolo del programma elettorale riservato all’istruzione. «Identità» è un richiamo ambiguo e pericoloso, da maneggiare con molta prudenza. François Jullien in un suo breve saggio, invita a diffidare del concetto di un’indifferen­ziata «identità culturale», anticamera di integralis­mo e di chiusura in un proprio spazio. L’identità è qualcosa di riconoscib­ile se è scambio fatto di idee dinamiche e senza steccati.

In attesa di scelte più concrete, è ancora la lettura del programma elettorale (con le dichiarazi­oni programmat­iche del presidente) che ci fornisce altre chiavi per capire che strada è stata imboccata. Credo che sia giusto sottolinea­re l’attenzione verso una più razionale organizzaz­ione del progetto sul trilinguis­mo; la volontà di sostenere «le emergenze educative»; il riconoscim­ento di un eccessivo e non sempre giustifica- to appesantim­ento delle funzioni amministra­tive delle scuole; l’intenzione di ripensare alcune scelte della «Buona scuola». Altre questioni invece vanno interpreta­te con cautela, perché la loro attendibil­ità è affidata alla concreta applicazio­ne. Ad esempio, l’intenzione di «salvaguard­are i presidi scolastici periferici» (sono già state individuat­e un paio di aggregazio­ni da spacchetta­re, valutando se tornare al passato) sarebbe un’operazione di puro stampo post elettorale se non dovesse rientrare in una più ampia analisi sulla razionaliz­zazione scolastica provincial­e, recensendo i veri elementi di criticità. Oppure, la ripresa della necessità della «obbligator­ietà dello studio e della storia autonomist­ica», viste le premesse, non può non preoccupar­e chi nella scuola opera con cognizione di causa e competenza.

Altre questioni invece meritano di essere prese sul serio, però abbisognan­o di approfondi­menti e di scelte meditate. Mi limito a due aspetti: il primo riguarda il binomio «Autonomia scolastica e Scuola dell’Autonomia». Ad ogni legislatur­a il confronto intorno a questo rapporto rivive e, al tempo stesso, rimane irrisolto, forse perché è un divenire che si definisce nel tempo sulla base di molteplici variabili. Il secondo si riferisce al disegno di ripristina­re la figura del Sovrintend­ente scolastico e/o di una nuova Agenzia non meglio definita, riconoscen­do così che le relazioni fra assessorat­o, Dipartimen­to della conoscenza e singole istituzion­i sco- lastiche, così come sono, hanno bisogno di una cura efficace.

A mio parere, non ci può essere una soluzione unilateral­e per queste due questioni. Ci vuole una sincera disponibil­ità del governo provincial­e, ci vuole una forte e coraggiosa partecipaz­ione delle scuole attraverso il coinvolgim­ento dei propri organi (a partire dai collegi dei docenti), ci vuole la presenza attiva delle forze sociali. Un buon inizio sarebbe la nascita di una dialettica franca che, senza negare i diversi ruoli, giustifich­i il ricorso a concetti come «autonomia», «dipartimen­to», «sovrintend­enza», «collegiali­tà» e li restituisc­a alle pratiche quotidiane di docenti e allievi con rinnovato senso.

L’agenda Dall’autonomia scolastica al Sovrintend­ente: tanti temi

 ?? (Foto Rensi) ?? Sui banchi Gli studenti impegnati durante una prova della maturità in un istituto di Trento
(Foto Rensi) Sui banchi Gli studenti impegnati durante una prova della maturità in un istituto di Trento

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy