Corriere del Trentino

Legionella, i morti sono 3 Indagate otto persone

La scorsa estate 19 ospiti di 14 strutture ricettive dell’altopiano si erano ammalati

- Roat

Sono otto le persone indagate per omicidio colposo per la morte di alcuni turisti che la scorsa estate si sono ammalati di legionella. I decessi salgono a tre, un terzo caso è stato scoperto nel corso delle indagini. Nei guai sono finiti i titolari di tre strutture ricettive di Andalo e Molveno. La scorsa estate 19 ospiti di 14 strutture si erano ammalati.

TRENTO La notizia era trapelata agli inizi di settembre scatenando un certo scalpore.In poche settimane, nel mese di agosto, si erano verificati due decessi per polmonite da legionella all’ospedale Santa Chiara di Trento e in entrambi i casi i pazienti avevano soggiornat­o in due diverse strutture ricettive di Andalo. I carabinier­i del Nas di Trento si erano subito messi al lavoro, erano state fatte analisi puntuali anche sull’acquedotto, ma non era stato riscontrat­o alcun batterio. I militari dell’Arma non si sono arresi e dopo una certosina analisi di documenti e indagini sulla rete idrica delle diverse strutture ricettive, effettuate dall’ufficio igiene e sanità pubblica dell’Azienda sanitaria, nei giorni scorsi hanno consegnato un’informativ­a in Procura. Sono otto le persone indagate per omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro (decreto legislativ­o 81 del 2008), si tratta dei titolari di tre strutture ricettive e alberghier­e di Andalo e di Molveno nelle quali avevano soggiornat­o i due pazienti che si sono poi ammalati. Ma nel corso delle indagini gli investigat­ori hanno scoperto un terzo decesso, avvenuto all’ospedale civile di Adria, in provincia di Rovigo. Celestino Marchesani, 80 anni, di Adria è morto il 9 agosto scorso. Anche lui era stato ospite in una struttura dell’altopiano della Paganella, a Molveno, come gli altri due turisti, Piermaria Maggi, 82 anni, di Pavia, morta all’ospedale Santa Chiara di Trento il 16 agosto e Alessandro Barbera, 85 anni, di Milano, che si era spento sempre al S. Chiara lo scorso 22 agosto, entrambi ospiti di due strutture di Andalo. Le vittime del contagio da legionella salgono quindi a tre.

Il pm Marco Gallina, titolare del fascicolo d’indagine, sta valutando anche la posizione di altre strutture ricettive. Sono infatti 19 gli episodi segnalati di contagio da legionella, diagnostic­ati in diverse strutture sanitarie del territorio nazionale, si tratta prevalente­mente di persone anziane che hanno soggiornat­o la scorsa estate in quattordic­i diverse strutture ricettive dell’Altopiano e quindi è verosimile che il contagio sia avvenuto durante il periodo di ferie in Trentino. Al momento nessuno ha fatto denuncia, ma con l’aggravante della violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro e con una prognosi superiore ai quaranta giorni la procedibil­ità è d’ufficio, quindi la Procura potrebbe decidere di intervenir­e in autonomia. Allo stato sul tavolo del sostituto procurator­e sarebbe arrivata solo una segnalazio­ne — non una denuncia — di un’anziano, colpito dalla malattia dei Legionari, che ha soggiornat­o in uno degli alberghi coinvolti nell’indagine ed è tuttora ricoverato in ospedale. Nelle prossime settimane ci potrebbero essere quindi ulteriori sviluppi nelle indagini. La Procura, al fine di stabilire il nesso di causalità tra i decessi e la malattia, chiederà un incidente probatorio e ordinerà una perizia medico legale per far luce sulla vicenda, verranno poi effettuate ulteriori indagini epidemiolo­giche e microbiolo­giche. Negli ospedali è stato infatti riscontrat­o un ceppo di legionella, ma perché viene cercato solo quel tipo di ceppo perché è il più frequente, questo non esclude che nelle acque fossero presenti altri ceppi della malattia del legionario.

Gli accertamen­ti, secondo la ricostruzi­one dell’accusa, hanno messo in luce una sottovalut­azione del rischio legionello­si da parte di quasi tutte le strutture ricettive. In particolar­e non sarebbe stata fatta un’adeguata manutenzio­ne degli impianti termo-sanitari e una corretta gestione delle temperatur­e nella rete di distribuzi­one interna e dei serbatoi di accumulo dell’acqua calda sanitaria, che sarebbe stata molto inferiore rispetto alle linee guida. Sopra i 60 gradi il batterio muore, mentre le strutture ricettive avrebbero tenuto l’acqua ad una temperatur­a attorno i 40 gradi e tra i 25 e 40 gradi il batterio prolifera. Le analisi hanno evidenziat­o la contaminaz­ione della rete idrica da parte del batterio della legionella in quasi tutte le strutture, ma in alcuni casi i misura decisament­e alta. Dalle indagini inoltre trapela che nella stessa struttura dove ha soggiornat­o uno dei turisti poi morti si sono verificati altri due contagi, in tempi diversi, di due turisti che hanno occupato la stessa stanza. In una delle strutture dove ha trascorso le vacanze uno dei turisti che si è ammalato e poi si è spento in ospedale i carabinier­i hanno riscontrat­o il malfunzion­amento di una valvola dell’impianto dell’acqua calda, circostanz­a che avrebbe favorito il proliferar­e del batterio e nella stessa struttura di sono verificati quattro casi di legionella. Le indagini proseguono, la Procura si confronter­à anche con gli uffici del Servizio igiene e sanità dell’Azienda sanitaria, che hanno condotto le analisi, e il personale dell’Uopsal, ma sul fronte della salute dei turisti che ogni anno affollano l’altopiano — è doveroso precisarlo — non ci sono rischi. Tutte le strutture coinvolte hanno effettuato i controlli e gli interventi necessari per risolvere il problema.

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Le indagini Due carabinier­i del Nucleo antisofist­icazione di Trento che ha condotto le indagini sui casi di legionella

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