Il libro del conduttore radiofonico di Radio3 presentato a Trento
Un viaggio con Socrate e la felicità Del Soldà: «Siamo sempre più soli»
TRENTO «È una tendenza diffusa quella di cercare risposte alle inquietudini di oggi nella saggezza degli antichi. Socrate non lo consente. Socrate vive per confutare le convinzioni di chi s’imbatte in lui. Per questo la Pizia, l’interprete di Apollo a Delfi, disse che nessun uomo è più sapiente di lui». Finisce così, sfatando il cliché dell’infallibile saggezza degli antichi e con un’apologia del filosofo greco Socrate (470-399 a.C.), l’introduzione di «Non solo di cose d’amore. Noi, Socrate e la ricerca della felicità» (Marsilio, 2018): un libro di filosofia e di attualità, «un viaggio fatto insieme a Socrate dentro i problemi del nostro tempo», che l’autore Pietro Del Soldà, conduttore del programma radiofonico «Tutta la città ne parla» su Rai Radio3, ha presentato ieri alla libreria Àncora di Trento e nell’aula magna del Collegio Arcivescovile.
Del Soldà, il suo libro parla degli «ostacoli alla ricerca della felicità nella vita di ciascuno e nello spazio pubblico», constatando che «siamo sempre più soli» e «usiamo le persone come strumenti»: cosa intende?
«Oggi tendiamo a sentirci sempre più slegati gli uni dagli altri, anche nei nostri quotidiani e apparenti rapporti: sui social network condividiamo la solitudine piuttosto che superarla. La forte individualizzazione porta a considerare la felicità come un cammino solitario in cui gli altri sono solo uno strumento utile per raggiungerla se non addirittura un ostacolo o una minaccia: il modello della felicità come vittoria sugli altri, della vita come una gara».
Perché la pratica del dialogo, come lei scrive, è un rischio?
«Il dialogo, così come è incarnato dalla figura di Socrate, è una condizione esistenziale, un’apertura totale e sincera all’altro, un’immersione nell’altro, un tuffo rischioso ma necessario, in cui ci si spoglia completamente delle proprie certezze per uscire dalla solitudine e condividere invece un via comune per la ricerca della felicità».
Socrate è un modello in tal senso, eppure non possiamo rivolgerci a lui per avere risposte.
«È un po’ ingenuo cercare risposte ai problemi contemporanei nelle parole degli antichi. La grandezza, l’attualità e la fattualità di Socrate risiedono invece nella sua capacità di chiamarci direttamente in causa, di spingerci ad affrontare i problemi che lui pone –
sulla giustizia, la felicità, le leggi, la politica, l’amore – partendo dalla nostra vita, dai nostri problemi. Socrate è uno stimolatore del dialogo, non un prontuario di risposte, ci chiede di metterci in gioco e per questo sarà sempre attuale».
La nostra società avrebbe parecchi interrogativi da porsi eppure sembra sempre estremamente sicura di sé, al riparo nelle proprie certezze. Come si risolve questo paradosso?
«Molti politici e cittadini comuni in questo panorama di smarrimento generale reagiscono ergendo muri e riparandosi dietro a identità forti, chiuse, aggressive, in un disperato bisogno di appartenere a qualcosa che sia contro qualcuno, teorizzando la chiusura invece che l’apertura all’altro. Per invertire tutto ciò bisogna tornare al dialogo socraticamente inteso».
Qual è il consiglio che si sente dare ai giovani?
«Costruire con gli altri la propria passione, rompere il guscio e mettersi in gioco in condivisione, dando valore a ogni azione, capendo che la felicità non è una competizione continua ma un percorso da compiere insieme».
Consiglierebbe loro di iscriversi a Filosofia?
«Sì, se non la intendiamo come un esercizio puramente astratto ma come un sapere che ha direttamente a che fare con la vita, come la concepiva Socrate insomma, che era le cose che diceva e che faceva, sempre armonico, mai in disaccordo con sé stesso. Se un giovane avesse tale passione gli direi di coltivarla, di non avere paura e di non essere ossessionato dalla sicurezza del futuro».