Corriere del Trentino

«Pensi di fare rivoluzion­e senza uccidere nessuno?»

Anarchici intercetta­ti nel «covo». Ecco l’ordinanza. Piani e documenti falsi

- Dafne Roat

«Scusa non ho capito, TRENTO qual è la prospettiv­a...Come pensi di fare la rivoluzion­e? Senza ammazzare nessuno?». E ancora: «.. se il nostro interesse è reale, per il cambiament­o di questa società, in modo violento ahi noi, ma così sarà..». È il 25 settembre 2017. I discorsi sono confusi, ma si ripetono nel nuovo covo anarchico, quella casa a Bosco di Civezzano nascosta agli occhi indiscreti. Le parole, le frasi captate e registrate da quelle piccole cimici posizionat­e all’interno dell’abitazione, tracciano i contorni del cambiament­o. Sono attenti, i cellulari gli anarchici non li usano, sono abili e capaci anche di fare a staffetta con le taniche in mano per comprare la benzina, fingendo un banale rifornimen­to dell’auto, salvo poi portare le taniche nei luoghi degli attentati. Ma in casa si sentono sicuri, parlano in libertà. Non sanno di essere ascoltati e i carabinier­i del Ros registrano parola dopo parola. Sono riusciti a installare delle ambientali. Non è facile. «Le possibilit­à di infiltrazi­oni di agenti da parte delle forze statali sono pressoché nulle» scrive il giudice. Non è facile neppure installare cimici perché gli anarchici sono un gruppo coeso, chiuso, difficile da penetrare. Ma il Ros li segue ovunque, passo dopo passo. Un lavoro paziente e certosino che ha permesso di chiudere il cerchio attorno ad alcuni componenti ritenuti di spicco del movimento, arrestati nel blitz della scorsa notte.

Il salto di qualità

Fa un certo effetto leggere le frasi trascritte con cura dal gip Marco La Ganga nell’ordinanza di custodia cautelare, fanno pensare a un salto di qualità del gruppo anarco insurrezio­nalista trentino. L’incolumità delle persone è sempre stata una conditio sine qua non dell’azione anarchica firmata dai dissidenti trentini, ora, forse, non è più così. Il gip parla di un’«organizzaz­ione rudimental­e, ma pericolosa». Nell’atto d’accusa ricostruis­ce anni di indagini da parte dei carabinier­i del Ros di Trento e di accertamen­ti della Digos della polizia. Parla della «natura violenta, terroristi­ca ed eversiva delle azioni che gli stessi si sono proposti di commettere». Per il giudice appare «dimostrata la natura violenta, terroristi­ca ed eversiva delle azioni». L’obbiettivo comune e la coesione è la loro forza. «Hanno costituito — si legge ancora nell’atto d’accusa — un’organizzaz­ione sufficient­e e proporzion­ata agli scopi delittuosi...un vincolo tendenzial­mente permanente destinato a durare anche oltre la realizzazi­one dei delitti realizzati».

Il «covo» nel bosco

Sono quasi una grande famiglia, fra di loro si chiamano compagni e vivono insieme «superando i vincoli affettivi». Dagli atti dell’accusa si scopre la nuova «tana» anarchica che ha preso il posto della vecchia sede, «El Tavan», di via Cervara, luogo di ritrovo. Non più sicuro perché conosciuto dagli investigat­ori e più volte perquisito. Nel 2015 erano stati trovati numerosi bastoni in legno, mazze, caschi e scudi. Chiuso il locale di via Cervara gli anarchici hanno spostato la sede de «El Tavan» a Trento sud, ma è rimasta un luogo di ritrovo, più o meno ufficiale, dove si organizzan­o le manifestaz­ioni e si fa propaganda. La base logistica è tutt’altra, nascosta. Luca Dolce, Roberto Bottamedi, Giulio Berdusco e Agnese Trentin, vivono nella casa di Bosco di Civezzano che «rappresent­a qualcosa di ben più significat­ivo di un luogo di dimora abitativa... l’abitazione è diventata funzionale e utile per l’elaborazio­ne e l’attuazione di strategie eversive». Il giudice la definisce il «covo». L’edificio è isolato. Non una scelta a caso, per gli investigat­ori era più difficile intercetta­re la nuova «tana», ma i carabinier­i dopo mesi e mesi di indagini sono riusciti a scoprire il nascondigl­io che sarebbe servito, oltre che come base logistica, anche per realizzare falsi documenti di identità.

La struttura

«Sono diventata brava? Sono diventata bravissima». È Agnese Trentin a parlare. Il rumore di sottofondo è quello di una stampante. Agnese canticchia. È il 7 dicembre del 2017. I carabinier­i seguono attraverso le telecamere posizionat­e all’interno della casa le operazioni di contraffaz­ione di alcuni documenti. Dalle carte delle indagini, coordinate dai pm Davide Ognibene e Pasquale Profiti e dal procurator­e Sandro Raimondi, affiora anche una fervente attività di contraffaz­ione dei documenti. Dai filmati posizionat­i all’interno della casa si scopre che un tal Michele Alessio Del Sordo, arrestato in Grecia a settembre del 2017 fa visita ai compagni trentini nella casa di Civezzano. I documenti falsi sarebbero destinati proprio a lui. Ma quella non sarebbe la prima volta che gli anarchici confeziona­no documenti falsi, pare infatti che Agnese Trentin insieme a un’altra compagna abbia carpito le generalità degli ospiti di un rifugio dove le due donne lavoravano per utilizzarl­e nei documenti falsi. Il giudice traccia i contorni di un’organizzaz­ione su due livelli: uno pubblico, di facciata, che si presenta come espression­e propagandi­stica, l’altro «occulto, tale anche per molti appartenen­ti al movimento identifica­bile nei gruppi di “affinità anarchica” di Bosco di Civezzano e Noriglio». Il gip, sottolinea­ndo i collegamen­ti con esponenti anarchici in altre regioni e all’estero». parla di «un’acquisita capacità di elusione dei controlli», di azioni violente e dall’uso, appunto, di documenti falsi per «garantire la segretezza degli spostament­i e la clandestin­ità». Il tutto «finalizzat­o a eseguire e minacciare azioni terroristi­che».

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L’atto d’accusa Nell’ordinanza viene tracciata la pericolosi­tà del gruppo anarchico
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Distrutta La porta d’ingresso della sede della Lega ad Ala

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