LA «CITTÀ FOGLIA», IL NUOVO ORIZZONTE
Urbanistica Muovere idee e investimenti
Seguo ormai sporadicamente e da lontano le vicende e i dibattiti trentini. Ho letto però l’altro giorno con interesse l’editoriale dal titolo «Paesaggio, scelta strategica» a firma di Ugo Morelli e il suo richiamo a una «poetica dello spazio», e del paesaggio, sulla scorta di Bachelard. Condivido l’argomentazione a favore di un rinnovato «respiro culturale e scientifico» identificabile nella vocazione storico-geografica della città di Trento. Aggiungo a Bachelard l’intuizione di un altro filosofo (e sinologo) francese, François Jullien, che nel suo libro «Vivere di paesaggio» ripropone il pensiero taoista sul paesaggio e ricorda come l’ideogramma cinese per paesaggio si componga magistralmente dei concetti di montagna e acqua, ossia del verticale e dell’orizzontale, della solidità e della fluidità, proponga insomma una sintesi totalizzante e vitale di un «paesaggio» che è insieme geografico e interiore.
Credo che questo intimo e intenso paesaggio sia presente ancora nelle pieghe della città di Trento, nonostante tutto, e vada solo scoperto e in qualche modo rivelato. Sta in quella dialettica fra orizzontale e verticale, fra rapido flusso e solida stanzialità, che è la cifra-base della città fra fiume e montagna e che costituisce il carattere più forte delle percezioni che chiunque penso abbia della nostra città.
È quel principio dialettico che già nel Duemila proponevo — assieme a Mioni e Zanon — di mettere al centro del futuro della città, coniando due slogan che hanno avuto alterne fortune: «cittàarcipelago» (ossia città residenziale polinucleare e interconnessa da brani di paesaggio) e «città dei flussi» (ossia città di transiti e relazioni produttive e culturali, soprattutto nord-sud-nord sull’asta atesina ma anche ovest-est verso il Veneto e l’Est europeo).
Un principio che, quasi vent’anni dopo, mi pare ancora valido e anzi rafforzato: vedi il ruolo assunto nella «città dei flussi» dal Muse, in primis, e — chissà — dall’ex Italcementi domani, speriamo; vedi il sempre più vivo ruolo nella «città-arcipelago», di residenzialità e non solo, di molte frazioni storiche della gronda collinare e dei loro parchi urbani. Il nuovo slogan emerso di recente della «città foglia» mi pare ribadire concetti del tutto analoghi e condivisibili.
Per avvalorare un simile processo di ri-generazione non occorre in verità inventare molto di nuovo; come sempre occorre semplicemente innestare le novità in un esplicito quadro strategico (il paesaggio come scelta peculiare di cui parla Morelli) e saper cogliere le molte potenzialità presenti in molti punti della città esistente e rimaste per lunghi anni al palo: per carità di patria non sto a citare tutta la lunga litania, dall’area Tosolini a quella del vecchio carcere, dallo stadio allo scalo Filzi ai vari brandelli di città tuttora irrisolti a nord o a sud, ma ancora di più le possibili rivitalizzazioni dei corridoi fluviali dell’Adige e del Fersina e delle superstiti enclave paesaggistiche di valle e di collina.
Soprattutto è importante che chi è in grado ancora di muovere investimenti, così come chi ha modo di mettere in campo idee e proposte fresche ed efficaci, lo faccia e lo debba fare in coerenza con un quadro strategico davvero chiaro e condiviso.
Il passato
Montagna e acqua, la sintesi vitale di un paesaggio