Corriere del Trentino

Linea dura, fedeli perplessi «Anche i trentini sono emigrati»

Sui sagrati la gente chiede «buonsenso». Farina, idea che divide

- Ch. M.

Il popolo della Chiesa non ci sta. La modalità di gestione dei migranti proposta dalla giunta Fugatti sul territorio trentino non piace ai fedeli che quotidiana­mente, e non solo la domenica, entrano nelle molte chiese della provincia. «Noi eravamo come loro. Quanti trentini sono andati in America? Perché non li mettono nelle condizioni di stare bene qui? Anche noi avremmo voluto un aiuto» spiega Luigi fuori dalla chiesa di Santa Maria Maggiore. Sono queste le domande che si rincorrono sui sagrati e che mettono in paragone i molti trentini costretti ad emigrare all’estero a causa delle precarie condizioni economiche italiane del secolo scorso con i migranti oggi presenti sul territorio provincial­e. «Se queste persone vogliono stare qui, integrarsi, rispettare le leggi, lavorare, perché continuare a spostarle? Così perdono il legame con il territorio» continua Luigi.

L’accoglienz­a è ancora un tema caldo a proposito del quale i fedeli si interrogan­o con preoccupaz­ione. La maggior parte delle riflession­i parte dalla decisione di allontanar­e da Lavarone le 24 donne lì accolte. La parola che ricorre più di frequente è «buonsenso», citata come grande assente nelle decisioni prese in Provincia di Trento in conseguenz­a del decreto Salvini. «Si dice che tutto questo viene fatto per mancanza di soldi. Ma non si può ridurre tutto a una questione economica. Si dovrebbe parlare, capire cosa si può fare per lasciare quelle donne dove sono e dove stanno bene» afferma Carlo, pensionato, sempre fuori da Santa Maria Maggiore.

Alcuni rincarano la dose, facendo balenare lo spettro di un passato non troppo lontano e ben più tragico dell’emigrazion­e trentina negli Stati Uniti e in Sudamerica: «Quello che si sta facendo è inqualific­abile e somiglia ad altre cose già accadute in Italia» taglia corto Luigia. La proposta di don Farina di sospendere le messe domenicali viene interpreta­ta come un pungolo alla riflession­e. «È una provocazio­ne. Ma può essere non del tutto sbagliata come idea, don Farina è molto profondo nelle idee. Quello che bisognereb­be fare è lanciare un segno, magari senza eliminare la celebrazio­ne» prosegue Luigia.

Molti fedeli, al contrario, credono che proprio la messa possa essere un momento utile alla condivisio­ne di un pensiero critico che dalla meditazion­e religiosa riesca a guardare anche alla cronaca odierna. «La messa può e dovrebbe essere uno spazio di riflession­e. Bisogna parlare e spiegare a molti che frequentan­o la Chiesa che stanno succedendo delle cose brutte» osserva Luciana. Voci di dissenso che non risparmian­o nemmeno la classe politica. «I politici di opposizion­e perché non dicono niente? Sono molto perplesso per quello che sta accadendo» conclude Luigi.

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Una parte dei fedeli chiede di alleggerir­e la linea dure sui migranti.

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