De Carli e Dorigatti, visioni di mondo a confronto
Alla Galleria Civica di Trento da oggi al 22 aprile le opere dei trentini Mauro De Carli e Piermario Dorigatti
«Piermario Dorigatti è un pittore, nel senso classico del termine, di quelli che oggi non se ne trovano quasi più. Quando realizza un dipinto parte sempre dal disegno e inizia poi la sua stratificazione, fatta di pensieri, dubbi, riflessioni, ripensamenti. E disegna, disegna, disegna. Inizia poi a prendere in mano il pennello e ricomincia tutto da capo».
Con quest’immagine di un lavoro che prosegue per cerchi concentrici sovrapponendo diversi livelli di indagine, la responsabile della Galleria Civica di Trento Margherita de Pilati ci avvicina al tormentato ma pieno di colori mondo artistico di Dorigatti (Trento, 1954). È lui uno dei due protagonisti di «A tu per tu. Mauro De Carli e Piermario Dorigatti».
Le sue opere da oggi e fino al 12 maggio sono esposte presso la stessa Civica, la sede trentina del Mart, in dialogo con le sculture del suo maestro Mauro De Carli (Trento, 1944- Terlago, 2008). Nel 1977 i due artisti fondano a Trento il circolo culturale «La Finestra», dove Dorigatti, diplomatosi all’Istituto d’arte Vittoria di Trento, inizia a insegnare discipline pittoriche e tecniche grafiche. Risale a quel periodo «Uomini e donne», la prima mostra che realizzano insieme.
«Trovo esista una presenza quasi scultorea nei lavori di Dorigatti – commenta de Pilati - Oltre agli aspetti formali, ad accomunare i due artisti è un certo carattere introverso, il loro essere un po’ fuori dalle correnti, dalle dinamiche di mercato». Il confronto avviene dunque sia dal punto di vista formale sia del personaggio, e la scelta curatoriale si concentra su opere in cui questo «a tu per tu» risulta più evidente. «“Il mio sogno è disegnare come Raffaello ma dipingere come Pollock”, mi ha confidato un giorno Piermario - prosegue de Pilati - che parte sempre dal disegno e poi inizia a stratificare con la pittura. Ne scaturiscono opere a tratti angosciose e angoscianti, un aspetto che viene però mitigato dall’utilizzo di cromie brillanti, piene di gioia di vivere: cupa l’idea ma allegra la realizzazione, un contrasto curioso e interessante». Il percorso espositivo si compone di un’ottantina di opere dei due artisti, ma mentre alla Galleria Civica alcune creazioni di De Carli hanno già partecipato alla collettiva del 2014, «Linguaggi plastici del XX secolo», per Dorigatti, è un ritorno nella sua città dopo molti anni. È, infatti, il 1982 quando allestisce la sua prima personale al Palazzo Pretorio di Trento. Nel 1989 si trasferisce a Milano, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera diplomandosi in pittura. È l’avvio di un’attività espositiva che lo vede protagonista di insere numerevoli rassegne personali e collettive in Italia (Milano, Venezia, Roma, Piacenza, Catania, Varese, Bolzano, Trapani, Trento, Albissola, Chiavari) e all’estero (Lugano, Inzlingen, Hannover, Ravensburg, Girona, Tokyo).
De Carli, invece, che ha dieci anni in più dell’allievo, frequenta all’Accademia di Brera i corsi di uno dei più importanti scultori italiani del Novecento, Marino Marini. Incentrata sulla figura umana, intrisa della lezione dei grandi maestri moderni e contemporanei, da Auguste Rodin a Alberto Giacometti, la sua opera può es- considerata una sintesi fra scultura, pittura e disegno.
«L’excursus sulle sculture di De Carli alla Civica questa volta sarà più completo, e comprenderà anche cementi e bronzi, non solo gessi – sottolinea la curatrice – In ogni stanza proponiamo uno scambio di visione tra i due artisti. Ad esempio, ho scelto delle teste di Dorigatti, che sono le più esplicitamente figurative, tra esse la Salomè e il Battista decapitato, mentre al centro della sala domina la suggestione di una composizione in gesso nero di De Carli, con una serie di teste. Il rimando emozionale è di forte impatto».
I dipinti di Dorigatti, quasi tutti realizzati appositamente per la mostra, sono di grandi dimensioni. Viene valorizzata anche una quarantina dei suoi disegni, uniti a formare un’evocativa installazione nel corridoio della galleria. China e tempera dai colori stupendi alimentano l’immaginazione del visitatore. Né figurativa, né astratta, la pittura di Dorigatti è gestuale e immediata.
«Nei suoi cicli, la figura umana resta sempre al centro della ricerca, anche quando si chiama Cane Kazako. Mano a mano però si sfalda, diventa sempre più segno e materia e sempre meno figura. Il colore predomina sull’immagine, se ne appropria. Lo si riconosce nel segno, ma il suo segno vaga, fluttua nell’aria, pur rimanendo lo stesso nei suoi diversi tipi di lavoro», conclude de Pilati.