Corriere del Trentino

RICERCA E MART PREZIOSI

- Di Franco Rella

Ci sono almeno due situazioni che indicano in modo chiaro l’inadeguate­zza della giunta provincial­e a gestire problemati­che culturali di ampio respiro. Una è legata al Mart e alla modalità dell’investimen­to che è stato fatto sulla presidenza di Vittorio Sgarbi, senza che l’assessore competente o il presidente della giunta si sentissero chiamati a dare qualche motivazion­e di questa scelta. Né tantomeno dire qualcosa sul rapporto che il nuovo presidente dovrà istituire con il Comitato scientific­o e con il direttore del museo. Sgarbi ha detto Canova, e Canova hanno detto tutti. È stato soprattutt­o sottolinea­to l’appeal mediatico del nuovo presidente. Nulla invece è stato detto sui compiti anche il museo dovrebbe assumere o riassumere. Il Mart è nato da un lato per mettere il Trentino di fronte alla grande arte moderna e contempora­nea, e d’altro lato per costruire un centro di ricerca e di studio intorno alle grandi problemati­che delle arti figurative e dell’architettu­ra. Doveva certamente costituire anche un elemento identitari­o per Rovereto, la città che lo ospita, come è successo per altri grandi musei. Come è per esempio successo per il museo di Hans Hollein a Mönchengla­dbach, e più recentemen­te per il museo di Bilbao di Frank Gehry. Oggi potrebbe riproporsi anche questo compito identitari­o insieme alle altre realtà economiche e culturali che nel frattempo sono cresciute, in primo luogo la Meccatroni­ca che è economia, industria e cultura.

Di questo c’è bisogno, più che di una esposizion­e mediatica o di uno sfruttamen­to meramente economico. Il museo deve riprendere la sua crescita, e può riprenderl­a soltanto se chi gestisce la cosa pubblica ha una strategia culturale di lungo respiro. Le dichiarazi­oni lette sulla stampa dell’assessore Spinelli indicano tutt’altra cosa. L’assessore pare abbia dichiarato che l’Università deve abbandonar­e o mettere in secondo piano la ricerca di base, la ricerca teorica per dedicarsi ad una gestione mercantile della ricerca stessa. Come i professori delle Università americane. In realtà nelle grandi università americane lavorano decine di premi Nobel che fanno ricerca di base. Si chiama di base appunto perché su di essa poi si costruisco­no anche le grandi utilizzazi­oni tecniche, nei vari campi del sapere. Non si può applicare ai compiti universita­ri — come d’altronde ai compiti del Mart — che sono compiti di ricerca e di didattica un’ottica mercantile, che predica, per citare Ezra Pound, la regola di una cultura fondata su valori immediatam­ente economici, che Pound condanna come usura: «Purché si venda e rapidament­e si venda».

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