Bungaro e la musica «Un patto con la città per nuove regole»
L’assessore Bungaro: «Incontreremo tutte le parti Ma tutti dovranno essere disposti a qualche rinuncia»
Un «patto per la città» sottoscritto da musicisti, gestori, amministratori e residenti. L’assessore comunale alla cultura e musicista Corrado Bungaro vuole partire da qui per futuro piano per la musica di Trento. «Sarebbe prematuro dire ora quello che faremo, ma ho delle idee sulla direzione verso la quale andare».
TRENTO Incontri con tutte le parti in causa, un tavolo di lavoro collettivo e un «patto per la città» sottoscritto da musicisti, gestori, amministratori e residenti. Il futuro piano per la musica nel capoluogo trentino punta l’attenzione su un aspetto in particolare: la condivisione delle scelte. L’assessore comunale alla cultura — nonché musicista — Corrado Bungaro fa chiarezza sulla sua posizione.
Assessore, a che punto è la discussione sulla musica in città?
«Sarebbe del tutto prematuro dire ora quello che faremo con la musica dal vivo, ma ho delle idee sulla direzione verso la quale andare. L’intenzione è quella di creare un percorso di incontri con i protagonisti della scena musicale, proseguendo con quelli che ci sono già stati nelle scorse settimane. È importante parlare con i musicisti stessi, ma anche con i gestori, gli esercenti, gli organizzatori, i comitati cittadini, la polizia locale, gli interlocutori istituzionali. In seguito ci sarà un momento di sintesi e quindi di scelte. Sto anche incontrando altri miei colleghi di altre città d’Italia per capire come viene gestita la questione lì. Saranno sedute chiuse durante le quali mi farò spiegare che tipo di misure hanno adottato. Le città sono sempre in aggiornamento, per questo è importante sapere ad oggi che cosa sta facendo Bologna, Milano, Firenze, Bolzano».
E poi? Cosa succederà dopo questa fase?
«Si arriverà a una bozza finale che raccolga una soluzione che possa rappresentare una quadra per tutti. Bisognerà guardarsi in faccia e risolvere la questione di persona. I rappresentanti delle parti dovranno sottoscrivere questo patto per la città, che diventerà poi regolamento. È chiaro che tutti dovranno rinunciare a qualcosa. La problematica è complessa e coinvolge diversi aspetti, tra cui anche gli orari per la musica live e l’ipotesi di allungare l’orario fino a mezzanotte. Ma questo è solo uno dei temi, e nemmeno il più importante».
Che tempistiche ci sono?
«Sono anni che l’amministrazione si occupa di questo problema, è impensabile risolverlo in pochi mesi. L’idea è di chiudere il piano entro il 2019 perché possa essere operativo l’anno prossimo. Cercare di farlo di corsa ora per rispondere all’arrivo della primavera sarebbe sbagliato».
Uno degli aspetti in discussione è la musica in strada e i cartelli, dislocati in zone periferiche, che indicano dove è possibile suonare con amplificazione. Si pensa di cambiare questo regolamento?
«L’impegno che mi prendo è valorizzare l’arte in strada, non l’arte di strada. È una piccola differenza, che cambia il senso delle cose. Mi piacerebbe percorrere la possibilità di suonare con una piccola amplificazione a batteria anche in centro, compatibilmente con le esigenze dei residenti. Così fanno per esempio a Ferrara, città molto attiva di iniziative dei buskers».
Complessa la questione dei concerti nei locali. Al momento la normativa comprende anche un vincolo al numero massimo di concerti che si possono organizzare. Quali le prospettive?
«Per quanto riguarda i concerti all’interno, i locali dovrebbero essere in regola per quanto riguarda l’impatto acustico. Si deve fare una perizia acustica per certificare di essere dentro i limiti, ma questo comprende la possibilità che il gestore debba fare dei lavori di insonorizzazione. Se i limiti sono rispettati non
avrebbe senso limitare il numero di concerti, sempre che avvengano a porte chiuse. Sull’esterno ci sono delle limitazioni numeriche per i concerti, ma sono in linea con quelli delle altre città italiane. Nel momento in cui si stabiliscono delle regole è necessario fissare un limite per trovare un bilanciamento con i residenti».
Una delle questioni fondamentali è rappresentato proprio dai rapporti con i residenti. Il sociologo Fazzi dell’Università di Trento ha sottolineato come debba esserci un avvicinamento nei confronti della dimensione universitaria della città. Cosa ne pensa?
«Sono d’accordissimo. Questo aspetto è molto viziato da una confusione dei piani. La maggior parte dei residenti non ha un problema con i concerti, ma con gli assembramenti, gli happy hour, con le persone in strada, e spesso le due cose sono collegate. Ma Trento è una città universitaria, agli studenti non si può solo affittare le camere. Inoltre l’offerta culturale è per tutti i cittadini. Trento è una città che ha voglia di fruire della musica dal vivo, anche per la funzione sociale e di prevenzione dei concerti, che tra l’altro aumentano anche la sicurezza».