MATTAREI, IL CORAGGIO PERDUTO
Lo schiaffo, metaforicamente parlando, era arrivato in un venerdì di inizio giugno 2018: dopo 123 anni una donna veniva chiamata a guidare la Cooperazione.
Un cambio di passo epocale per il movimento fondato da don Guetti. Una rottura netta con il passato grazie proprio alla figura di Marina Mattarei definita la «pasionaria» delle coop per le battaglie condotte contro i vertici di Via Segantini. «L’emblema di una rinascita riformista» scrivemmo all’epoca.
Sono passati dieci mesi e Marina Mattarei, da ieri, si ritrova di fatto «commissariata». Non solo, come scriviamo oggi, Bruno Lutterotti, ex presidente di Cavit, vicino alla presidente e che l’altro ieri si è astenuto sul documento degli oppositori (oggi diventati maggioranza schiacciante) ha annunciato le proprie dimissioni.
Un terremoto in piena regola. Un cambio di scenario che rimette inevitabilmente tutto in discussione: la governance della Federazione, quella votata dall’assemblea, non c’è più. Eppure, Marina Mattarei ostenta tranquillità, spiegando ai giornali che non condivide il documento dei 17 consiglieri, che lei avrebbe proposto altri nomi per il comitato esecutivo. Nessun addio, però: «Non sono stata sfiduciata» ha affermato.
La presidente, vero, non è stata sfiduciata e legittimamente, dal suo punto di vista, ha deciso di rimanere in sella.
Ma basta leggere il documento messo ai voti per capire che si tratta in realtà di una scelta incoerente che danneggia l’immagine di una donna a cui il coraggio di fare scelte forti non è mai mancato e che invece di staccare la spina ridando voce alla base, preferisce galleggiare, lasciarsi dettare l’agenda da altri. Il rischio più grosso è che l’intero sistema cooperativo (circa 450 società attive in tutti i settori produttivi e una base sociale costituita da circa 280.000 persone) rimanga prigioniero dei veti incrociati. Ciò che è successo nel cda di martedì non può essere liquidato come una diatriba da archiviare a tarallucci e vino. L’80% del consiglio d’amministrazione di Federcoop oggi ha una visione opposta a quella di Marina Mattarei, soprattutto sulla riforma del credito. Questi sono dati oggettivi, acclarati con prese di posizione nette. Poi possiamo raccontarci un altro film giocando con le parole, il detto e non detto, l’ambiguità. Come potrà essere credibile una presidente che non più tardi di una settimana fa incontra in forma autonoma contro il parere di molti (pure degli amici) il ministro Riccardo Fraccaro, da sempre contrario alla
nascita del polo di Cassa centrale banca, e che adesso dovrà assumere una posizione diametralmente opposta? Cambiare idea è quasi sempre sinonimo d’intelligenza ma Mattarei avrebbe dovuto spiazzare l’intero parterre, riposizionandosi sulle tesi degli oppositori votando la loro risoluzione. Invece ha scelto l’astensione calcando la mano nelle dichiarazioni accentuando così la spaccatura. La Cooperazione, pertanto, si ritrova a vivere una situazione di precarietà. C’è bisogno di fare chiarezza al più presto. Tocca alla nuova maggioranza adesso traghettare il movimento fuori dall’impasse. Capire cosa è meglio fare per il bene del movimento: vivacchiare difendendo posizioni personali oppure giocare la carta delle dimissioni collettive rimettendo così al centro un progetto di governance di cui si sente grande bisogno. Un fatto è comunque sicuro: per l’ambiguità non c’è più posto.