VALDASTICO, IL PD APRA UN SERIO DIBATTITO
L’opera porterebbe vantaggi
Rovereto è stata per alcuni secoli una città industriale grazie anche all’eccellenza di alcuni grandi podestà che seppero valorizzare al massimo la posizione geopolitica del loro municipio, collocato fra Impero d’Austria e Repubblica di Venezia prima, e poi fra questo ed il Regno del Lombardo Veneto. Da ricordare che la realizzazione della dimensione europea della Manifattura Tabacchi, in cui il municipio di Rovereto svolse un ruolo decisivo, avvenne quando il Lombardo Veneto era ancora un possedimento soggetto all’Impero d’Austria. Sono vecchio abbastanza per aver potuto assistere alla fase finale di questa stagione. Quale studente universitario e poi giovane laureato, impegnato nella carriera forense, ma nel contempo militante del Pci con l’incarico di segretario della sezione cittadina e di consigliere comunale, seguii le vicende politiche della città, ma anche quelle delle numerose fabbriche in cui il Pci aveva una propria organizzazione. Eravamo presenti nella Manifattura Tabacchi (1.200 dipendenti»), nella Grundig (800), nella Montecatini (600) nella Pirelli (600) nella Kofler (500), nella Cartiera Ati (400) e in altre realtà.
Ebbene, nel corso di alcuni decenni, tale patrimonio industriale, acquisito in un percorso secolare, è completamente svanito, nonostante le dure lotte per difenderlo. E anche se sono apprezzabili le realizzazioni di questi decenni per uno sviluppo industriale connesso con la ricerca scientifica e tecnologica, rimane il fatto che a Rovereto e alla Vallagarina mancano ogni anno migliaia di buste paga.
Rovereto è oggi una città depressa: si apre una attività e se ne chiudono due; i cartelli con la scritta «affittasi» si infittiscono; importanti realtà industriali, fra le poche che restano, vacillano. La Città della Quercia è oggi un luogo di transito su una autostrada in cui chi viaggia fra due realtà dinamiche come Bolzano e Verona, giunto alla sua altezza, accelera e passa oltre. Tutte queste considerazioni richiamano necessariamente alla Valdastico. Al riguardo, l’articolo di Giorgio Tonini (capogruppo provinciale del Pd, partito cui sono iscritto) sul Corriere del Trentino del 14 aprile, mi vede in totale dissenso. Non trovo innanzitutto appropriata la chiamata in causa degli imprenditori trentini accusati di rivendicare la realizzazione dell’opera, di cui conoscerebbero l’assoluta inutilità, pur di ricavarne un qualche profitto. Il che non è elegante, ma soprattutto non è vero.
La realizzazione della Valdastico con sbocco a Rovereto sud è infatti un’opera strategica per lo sviluppo di tutto il Trentino. Per verificare la fondatezza di questa asserzione, basterà ricordare le parole del presidente dell’A22, Luigi Olivieri. Egli afferma che in conseguenza del gigantesco programma che l’Italia ha sancito con la Repubblica popolare cinese, denominato «Via della seta», non solo ci sarà un grande sviluppo dei porti di Venezia e di Trieste, ma che «la nuova via della Seta rappresenta una grandissima opportunità per la via del Brennero, ossia per i nostri territori».
Di Valdastico non parla, ma già i nuovi giganteschi sviluppi previsti nel campo delle grandi vie di comunicazione, che interessano la nostra regione, la chiamano in causa. Rappresenterebbe una grande opportunità per tutti. Certo innanzitutto per Rovereto e la Vallagarina, da cui partirebbe e su cui sboccherebbe questa nuova arteria di collegamento diretto fra la grande dorsale di cui l’Autostrada del Brennero è parte, e la grande trasversale che solca la pianura Padana fino a Venezia, Trieste, per poi proseguire ancora più a est.
Chiunque infatti, venendo da nord verso il Veneto e i porti dell’alto Adriatico e oltre, e viceversa, accorcerebbe notevolmente il percorso con il conseguente rilevante risparmio di tempo, e di costi, anche ambientali. Un simile percorso sposterebbe di 30 chilometri a sud il baricentro logistico, economico, e conseguentemente politico, del Trentino, e sommuoverebbe equilibri consolidati, dal momento che le aree di Rovereto, della Vallagarina e del Basso Sarca diverrebbero, in conseguenza della creazione di questo nodo viario e logistico, sede attrattiva per investimenti di ogni tipo, ponendo fine alla asfissia economica che affligge la Città della Quercia. Rovereto vedrebbe rinverdire una sua secolare vocazione.
Che le forze interessate al mantenimento dello status quo incentrato su Trento, «il motore immobile» di un Trentino statico, si oppongano, anche con la massiccia campagna stampa in corso, che assume toni da caccia alle streghe, non sorprende. Non meraviglia nemmeno l’opposizione di un Sudtirolo in grande espansione, che vedrebbe compromessa la sua aspirazione a esercitare sul Trentino un ruolo di «patronage», come è accaduto per tanti secoli. Sorprende invece che quello che era il maggiore partito del Trentino, anziché accodarsi a questa campagna fuorviante, non tragga le conseguenze dalle recenti disfatte aprendo, su di un tema di tanta importanza, un dibattito trasparente, interno ed esterno, capace di favorire il confronto delle idee, un esame razionale della nostra realtà, la disamina delle risultanze economiche e scientifiche attinenti a questa tematica, uno sguardo alla nostra storia e una visione del nostro futuro. «Né per esser battuto, ancor si pente» direbbe il padre Dante.