Corriere del Trentino

«Pup, la visione è al Trentino del 2050 Identità e ambiente saranno le priorità»

Il vicepresid­ente Tonina: «In passato si è lavorato bene, ora spero di poter lasciare un segno anch’io»

- Marika Giovannini

TRENTO L’impegno, in queste settimane, è concentrat­o sugli Stati generali della montagna e sugli incontri — già avviati — sul territorio. Ma Mario Tonina fa capire di avere lo sguardo proiettato in avanti. «Al Trentino dei prossimi 2030 anni» disegna il tragitto temporale l’assessore provincial­e all’urbanistic­a e ambiente, nonché vicepresid­ente della Provincia. Che si prepara a una revisione del Pup («Credo ci siano le condizioni» spiega) senza rinnegare il passato. Anzi: ribadendo la riflession­e di pochi giorni fa all’assemblea dell’ordine degli architetti (durante il quale Tonina aveva citato i Piani di Kessler, Micheli, ma anche di Gilmozzi), l’assessore parte proprio da lontano per tratteggia­re il quadro di un Trentino che, anche in futuro, dovrà trovare nell’ambiente e nella propria identità di terra di montagna le basi del proprio sviluppo.

Assessore Tonina, quindi nella pianificaz­ione il Trentino, in passato, ha agito bene?

«È sotto gli occhi di tutti. Se il Trentino non avesse lavorato in un certo modo in passato sul fronte della pianificaz­ione, della prevenzion­e e programmaz­ione, la tempesta Vaia di fine ottobre avrebbe provocato danni incalcolab­ili. Dobbiamo ricordarci che la pioggia caduta a ottobre è stata maggiore di quella del 1966. E oggi, come allora, è necessario cogliere anche l’opportunit­à in queste calamità e agire di conseguenz­a. Anche perché, probabilme­nte, di eventi di questo tipo ne vedremo ancora: non a caso, stiamo lavorando con Roberto Barbiero (il responsabi­le dell’osservator­io trentino sul clima della Provincia, ndr) per organizzar­e in autunno un convegno proprio sui cambiament­i climatici».

Ma cosa può fare l’urbanistic­a di fronte a eventi di questo tipo?

«Per rispondere torno ancora indietro ai precedenti Piani urbanistic­i. Il primo, quello di Kessler del 1967 ha gettato i presuppost­i per il governo del territorio. Il secondo, quello di Micheli del 1988, è stato elaborato dopo un’altra tragedia, quella di Stava. E poi c’è stato il Piano di Gilmozzi».

Con un processo che è arrivato al consumo zero di territorio. Ora come si va avanti?

«Investendo per migliorare nella programmaz­ione e nella prevenzion­e. Questo cosa vuol dire? Vuol dire riconoscer­e quanto di positivo è stato fatto in passato e creare i presuppost­i per il futuro. Ricordo un episodio: a novembre, dopo la tempesta Vaia, il governator­e del Veneto Luca Zaia aveva prospettat­o un “piano Marshall per la montagna”. Se Zaia ha detto una cosa del genere, vuol dire che si è reso conto che lavorare e pianificar­e bene in montagna garantisce anche la salvaguard­ia della pianura. Un concetto che noi conosciamo bene e che distingue il Trentino dal Veneto: da noi, a parte qualche situazione di difficoltà, non c’è quello spopolamen­to della montagna che caratteriz­za Veneto, ma anche Piemonte, Lombardia, Friuli. Un fenomeno che non è reversibil­e. Lo diceva bene Mario Rigoni Stern: quando anche l’ultimo montanaro avrà lasciato le Alpi, le ortiche invaderann­o piazza San Marco. Sono d’accordo: proprio per questo abbiamo promosso gli Stati generali della montagna. È necessario trasmetter­e questa consapevol­ezza a chi ha responsabi­lità».

Su cosa dovrà poggiarsi la tutela del territorio di montagna però per evitare lo spopolamen­to?

«Gli elementi distintivi del territorio montano sono il paesaggio, il territorio, l’ambiente. È il nostro stesso passato a confermarc­elo. E il futuro della montagna si basa sulla valorizzaz­ione dei nostri tratti peculiari, degli elementi che gli altri territori non possono offrire: il nostro ambiente, in primo luogo. Nella ricerca di un equilibrio tra territorio, agricoltur­a, turismo e artigianat­o. E senza dimenticar­e un tassello molto importante: le nostre aree protette, con undici reti delle riserve, tre parchi naturali e le Dolomiti patrimonio dell’Unesco».

Temi di cui si parlerà durante gli Stati generali della montagna.

«Certo. I nodi sono molti: dai servizi sul territorio fino al problema della natalità, per cercare di invertire il trend. Un lavoro trasversal­e per quanto riguarda le competenze degli assessorat­i».

 L’assessore Il buon lavoro passato ha evitato danni incalcolab­ili a fine ottobre

Sul problema della semplifica­zione esiste già un di

segno di legge.

«Sì, l’intenzione è di approvarlo a maggio in consiglio provincial­e. Del resto, quello della semplifica­zione burocratic­a e dello sviluppo era una delle sollecitaz­ioni più pressanti che abbiamo raccolto già in campagna elettorale. Molti ci chiedevano di semplifica­re le procedure prima ancora che contributi o sostegni economici. Tornando agli Stati generali, al termine del percorso è evidente che la giunta dovrà darsi delle priorità sulla base dei risultati raggiunti, per proiettare il Trentino oltre questa legislatur­a».

Parlando di visioni di lungo periodo, pensa a una revisione del Piano urbanistic­o provincial­e?

«Sono ancora all’inizio del mandato ma è chiaro che spero di poter lasciare anch’io un segno come i miei predecesso­ri. Per questo sì: credo ci siano le condizioni per una revisione del Pup. Ma prima voglio effettuare una ricognizio­ne della situazione, avvalendom­i del contributo di esperti. Dovremo guardare al Trentino dei prossimi venti o trent’anni».

Dice che dovrà prima effettuare una ricognizio­ne. Ma quali sono le parole chiave della sua revisione al Pup?

«Di sicuro non possiamo cercare di copiare la pianura: come ho detto prima, lo stesso Zaia si è reso conto che il

processo è inverso. Credo che il termine giusto sul quale dobbiamo scommetter­e sia identità: dobbiamo valorizzar­e la nostra identità di territorio di montagna. Valorizzan­do anche la nostra storia: se oggi possiamo presentare un Trentino a questi livelli lo possiamo fare grazie a una storia di settant’anni di Autonomia e a una storia più che centenaria di Cooperazio­ne».

Cooperazio­ne che oggi vive però un momento di difficoltà.

«Mi auguro che risolvano a breve le criticità attuali. Ma rimane un dato di fatto: in alcuni paesini del Trentino l’unico luogo di aggregazio­ne oggi è la Famiglia cooperativ­a. Tornando alla storia trentina, non possiamo dimenticar­e il passato di autogovern­o: abbiamo le Asuc, la Magnifica comunità di Fiemme, le consortele, le regole».

Un’ultima domanda: nelle ultime settimane, sul tema dell’ambiente, si sono registrate delle visioni molto diverse tra lei e il suo collega Roberto Failoni. Si tratta di divergenze che potrebbero creare frizioni all’interno della giunta?

«No. Non ci sarà mai un problema di questo tipo. L’assessore al turismo, del resto, ha tutto l’interesse a trovare un equilibrio con l’ambiente».

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