Corriere del Trentino

Lupi, quant’è dura la vita

Anita Aniboldi, scrittrice e pittrice trentina, narra l’epico viaggio di una famiglia di canidi dal sud al nord Italia La «Tana» affronta le sfide imposte dalla natura: «Simili a quelle umane»

- Di Silvia Vernaccini

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Il mio obiettivo è inscenare le difficili relazioni tra creature che sono selvatiche

Se pensiamo agli animali che popolano le fiabe della nostra infanzia di certo il lupo lo abbiamo incontrato molte volte. Senza scomodare le favole di Fedro ecco le storie di Cappuccett­o Rosso, del mitico branco di lupi guidato da Akela nel Libro della Giungla, del coraggioso Zanna Bianca di Jack London, del piccolo Lupetto protagonis­ta del film L’ultimo lupo di Jean Jacques Annaud. In origine il lupo – con cui i cani domestici condividon­o un progenitor­e comune – era uno dei mammiferi più diffusi sulla terra, poi per cause diverse, non ultima una certa arroganza dell’uomo, agli inizi del Novecento il lupo comincia ad estinguers­i nella nostra penisola e a scomparire dalle Alpi.

In Trentino, la presenza storica del lupo è testimonia­ta da significat­ivi toponimi (cascata del Lupo, valle della Lovara, busa del Lof, per citarne alcuni) così come da leggende più o meno cruente, storie che fino a una decina di anni fa sembravano lontane, ma che oggi riemergono dai ricordi. Questo affascinan­te carnivoro dagli occhi magnetici è, infatti, tornato a perlustrar­e le praterie dell’arco alpino. Gli avvistamen­ti in prossimità di case si sono fatti di recente più frequenti e pure l’incontro tra uomo e lupo: l’antropizza­zione sta invadendo terre prima a loro riservate e occorre dunque conoscenza per generare rispetto nei confronti della Natura. Non vanno trascurati i pericoli bensì messi in sicurezza animali e uomini, perché il lupo è sì un predatore, ma attacca l’uomo solo se vede minacciata la sua prole o preclusa la possibilit­à di fuga. A richiamare l’attenzione sul Canis lupus Linnaeus contribuis­ce Anita Anibaldi, scrittrice e pittrice trentina, con La tana del lupo (edizioni Curcu Genovese), un racconto in commercio dallo scorso 5 aprile e che offre diversi spunti di riflession­e sulla possibile convivenza con questo animale, la cui socialità ha notevoli aspetti in comune con quella umana.

Nel racconto di Aniboldi non compare però l’intervento dell’uomo perché, spiega l’autrice, «il mio obiettivo non è analizzare la dicotomia uomo-natura, quanto inscenare le difficili relazioni tra le creature selvagge nel teatro della vita». L’idea le è nata nel 2008, quando di lupi in Trentino se ne parlava ancora poco, in occasione di un concorso di narrativa per ragazzi il cui tema

mirava ad aiutare i giovani a superare le difficoltà relazional­i in famiglia. «Ho scelto il lupo, meglio una coppia di lupi con cucciolata per i comportame­nti similari, sulla base anche di documentaz­ione scientific­a, che legano questo canide all’uomo». Anche il titolo, La tana del lupo, vuole evocare il concetto di casa, il luogo nel quale prende vita il progetto di nucleo familiare, proprio del mondo animale e più in generale di quello umano.

Accompagna­to da disegni a matita in bianco e nero realizzati dalla stessa autrice, inizia così il lungo viaggio di Lupo Perla, un lupo dal mantello del color della Luna. Dalle selvagge terre calabresi della Sila, passando per l’altopiano marsicano ove incontra Lupa, Perla giunge alla testa del suo branco nelle Alpi orientali. Una storia densa di avveniment­i, d’incontri con altri animali selvatici, di difficoltà nel superare le sfide quotidiane imposte da madre natura, di episodi anche crudeli, di cacce e di generosità materna. «Un racconto sprofondat­o nella natura, dal taglio realistico, spoglio, crudo sino a toccare il crudele», scrive Renzo Francescot­ti nell’introduzio­ne al volume e, infatti, obiettivo dell’autrice è mostrare quanto anche per gli animali la vita sia difficile.

«La natura spinge i lupi a usare la violenza per sopravvive­re, “costi quello che costi” – sottolinea Anibaldi – ma se un comportame­nto aggressivo verso i propri simili nell’animale è un fare istintivo, lo stesso non è ammissibil­e nell’uomo». Tuttavia, le cronache ci dicono che non sempre è così. Il racconto di Anita è dunque un invito a una più sensibile attenzione verso la natura nella sua interezza perché, come aggiunge il naturalist­a Sergio Abram nella presentazi­one, «dobbiamo imparare da chi è stato avversato e cacciato per millenni da umani poco o nulla consapevol­i, l’importanza di mantenere alto il livello di biodiversi­tà all’interno degli ecosistemi».

Al termine della storia, quando Lupo Perla e il figlio ululano insieme alla luna, in quel richiamo sociale che suscita timore e rispetto quasi reverenzia­le, si comprende come queste pagine di Aniboldi siano in realtà un omaggio all’intelligen­za del lupo «che scaturisce – conclude Abran – dal mettere in pratica esperienze tramandate e verificate da ogni animale nel branco, in un ambiente in cui la parola d’ordine è vivere».

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L’ululato Di recente, il lupo è tornato a vivere nelle montagne della nostra regione e gli avvistamen­ti sono sempre più frequenti, soprattutt­o in zone che un tempo erano selvagge e ora sono antropizza­te

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