Corriere del Trentino

Come si fanno le cose

Il nuovo romanzo di Bortoluzzi: ambientato sulle Dolomiti, è la storia di due operai che si trasforman­o in ladri per realizzare un sogno

- Di Francesco Chiamulera

Èdifficile, nella narrativa che cerca di raccontare l’Italia del Ventunesim­o secolo, trovare le parole che ne descrivano le contraddiz­ioni senza cadere nelle banalità. Svuotato del suo panorama industrial­e, talvolta brutale e solitario, il nostro è anche il tempo delle meraviglie digitali, del benessere prodotto dalla globalizza­zione. È il tempo del lavoro manuale che non c’è ma anche di un edonismo che ha raggiunto tutti gli strati della società. Tanto di più si può apprezzare la scrittura ironica di un bravo autore veneto, Antonio G. Bortoluzzi, che in Come si fanno le cose (Marsilio) evita i toni apocalitti­ci, la facile epica del disastro industrial­e, anche quando racconta proprio questo: il disastro industrial­e.

La storia di Bortoluzzi è semplice, si riassume in poche parole: siamo nel Bellunese, in questi anni, Valentino e Massimo, lavoratori presso l’officina del reparto manutenzio­ni della Filati Dolomiti, azienda tessile della immaginari­a zona industrial­e

di Piana, vivono una vita priva di orizzonti, quando viene loro in mente il grande piano: svaligiare un capannone attiguo alla fabbrica, rimasto vuoto di macchinari e impianti, che la Filati Dolomiti, in crisi, affitta a un’azienda orafa. Un gran furto, una scossa di vita. «Massimo pensa a quello che dovrà fare con Valentino a fine turno e è come un’iniezione di adrenalina che tiene svegli il cuore e la mente».

Il fatto è che tra i due stabili l’unico collegamen­to che non è stato sigillato e che consente il colpo grosso è rappresent­ato da una fognatura. Sì, proprio quella. Un «cunicolo merdoso» come sintetizza efficaceme­nte Valentino. Nel quale calarsi, fino al collo e purtroppo oltre, con tanto di muta, per andare a prendere i gioielli con cui cambiare tutto. Le scene dell’immersione sono esilaranti, l’evasione è doppia: prima c’è il furto, fonte di irresistib­ile buonumore. Poi c’è la vita che si intravede dopo il furto: comprare un agriturism­o, tenere l’orto, andare a pesca di gamberi di torrente, magari avere qualche ragazza occasional­e, insomma un ritorno alla natura nel pieno senso della parola. Ma anche una cosa che adesso, nell’Alpago di Antonio Bortoluzzi come nel vicino Cadore che cerca una riconversi­one dopo la crisi settore ottico, sembra improvvisa­mente più vicina, più appetibile, più a portata di mano. Chi negli anni Settanta sognava gli elettrodom­estici e i consumi delle classi abbienti, spesso oggi sogna di fare marmellate o di tenere una stalla: qui Bortoluzzi intercetta un desiderio contempora­neo. D’altra parte, come recita la citazione in esergo da Primo Levi, per avere una buona vita, una di cui dirsi contenti, «bisogna per forza avere qualche cosa da fare, ma che non sia troppo facile; oppure qualche cosa da desiderare, ma non un desiderio così per aria, qualche cosa che uno abbia la speranza di arrivarci». Con Come si fanno le cose Bortoluzzi approda alla Marsilio dopo gli esordi alla Biblioteca dell’Immagine, che si conferma palestra di bravi narratori; l’autore bellunese lascia simbolicam­ente la montagna che aveva regnato incontrast­ata e durissima nei suoi libri precedenti, Paesi alti, Cronache dalla valle, Vita e morte della montagna per scendere un poco di altitudine: e nel contempo barattare un po’ dell’epos delle rocce dell’Alpago e dei boschi del Cansiglio con l’umorismo inevitabil­e che sgorga dalla disavventu­ra agra degli operai moderni. Il «colpo» congegnato dai banditi amatoriali Massimo e Valentino ricorda, nella sua sconclusio­natezza, certe commedie inglesi fatte di provincia e di innocenti evasioni, di bravi e addormenta­ti cittadini che architetta­no un’allegra rivolta, un po’ Svegliati Ned un po’ L’erba di Grace. Ancora di più, forse, La parte degli angeli di Ken Loach, con il grande colpo alla distilleri­a di whisky. Finirà come nel film? Non lo diciamo. Ma sorridiamo di fronte a consideraz­ioni che valgono in Veneto come in molti altri rugginosi angoli d’Italia: «Anch’io pensavo che una delle ultime fabbriche di filati made in Italy non poteva resistere a lungo. Non era più come continuava­no a raccontarc­ela alle assemblee di fabbrica (...) Anche se le mutande della regina d’Inghilterr­a fossero state fatte con il cotone pettinato della Filati Dolomiti, il nostro destino era segnato».

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«Dolomite Paesaggio», 1913, di Oskar Kokoschka L’ultimo romanzo di Bortoluzzi prende le mosse dalla crisi industrial­e per raccontare il sogno «pastorale» dei protagonis­ti Paesaggi
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Pagine La copertina di «Come si fanno le cose e lo scrittore Antonio Bortoluzzi
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