RIPARTIRE DOPO IL VOTO
Chissà che da lunedì, passate le elezioni europee, si possa tornare (o meglio cominciare) a parlare di crescita e di sviluppo. I temi dell’economia reale sono completamente spariti dal radar della politica, impegnata in una sorta di campagna elettorale permanente. Invece urge ridare fiato alle imprese, mettere in campo tutti gli strumenti per rilanciare un mercato interno asfittico e un export in rallentamento. In sostanza, pensare a come aumentare la competitività del Sistema Italia. Perché non bastano le promesse, ripetute anche mercoledì scorso durante l’assemblea nazionale di Confindustria da Luigi Di Maio, nella sua veste di ministro dello Sviluppo economico e del lavoro: sbloccheremo i cantieri, abbasseremo il cuneo fiscale, miglioreremo il Piano Industria 4.0 (sul quale, peraltro, il governo fino a ieri aveva mostrato ben poco entusiasmo). Da lunedì, appunto, bisognerebbe passare ai fatti.
A ribadire la necessità di un cambio di passo sono gli ultimi dati del Monitor sui distretti industriali di Intesa Sanpaolo. Per carità, in Trentino Alto Adige l’export, àncora di salvezza durante la Grande Crisi 2008-2015, continua a tenere. Ma la frenata è evidente: nel 2018, le vendite all’estero hanno registrato un più 2,4% contro una media nazionale del 2,2. Un dato pur sempre apprezzabile, ma che deve comunque fare scattare un campanello d’allarme se paragonato all’eccezionale balzo a doppia cifra dell’export nel 2017.
In particolare, si osserva una netta spaccatura: da un lato il boom della meccatronica, settore ad alto tasso di innovazione, sia in Trentino (più 15,5%) sia in Alto Adige (più 6,1), dall’altra parte il calo del sistema casa (meno 3,4%) e soprattutto dell’agroalimentare (meno 8,5), con il picco negativo delle mele atesine (meno 18,5) e trentine (addirittura meno 37,3). Qui le difficoltà a livello internazionale appaiono evidenti. Il legno-arredo ha subìto forti cali di vendite in Germania e su tutti i mercati di lingua tedesca. Per le mele si sono aggiunti i problemi sui mercati arabi e medioorientali. Il risultato è un Pil regionale che le previsioni collocano tra l’1 e l’1,3%. Ben al di sopra dello 0,2 previsto a livello nazionale dal governo, ma in forte ribasso rispetto a una ripresa che lungo l’Adige appariva lanciatissima.
L’imperativo categorico non può che essere uno: far ripartire gli investimenti pubblici e privati, altrimenti persino l’inerzia dell’export rischia di esaurirsi. Lo sblocco (reale) dei cantieri è la prima risposta: dalla galleria di base del Brennero alla A22, alla Valdastico Nord, è in ballo una dozzina di miliardi. Il rilancio del Piano Industria 4.0 sarebbe poi un’ottima idea. Le imprese del Trentino Alto Adige vogliono (e devono) competere ad armi pari con quelle del resto d’Europa. Sempre che la prossima settimana l’Europa non esca a pezzi.