Un pezzo di luna raccolto nel 1971 arriva in Alto Adige
Il meteorite ha 4 miliardi di anni. Non ha mai toccato l’atmosfera Una vera roccia lunare è arrivata al Museo di Scienze Naturali di Bolzano: raccolta nel 1971 da Scott, comandante di Apollo 15
E’arrivata a Bolzano un pezzo di Luna: una vera roccia lunare raccolta nel 1971 da David Scott, il comandante della missione interspaziale Apollo 15. Il Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige espone «cose dell’altro mondo». Da ieri la mostra «Pazzi per la Luna», inaugurata sabato scorso in occasione dei 50 anni dall’allunaggio, si è arricchita di questo autentico pezzo di Luna. Che promette di richiamare visitatori da tutta Europa.
Il frammento, rarissimo, del peso di circa 93 grammi, catalogato come «campione numero 15015,78», proviene direttamente dal Johnson Space Center della Nasa che lo ha consegnato pochi giorni fa nelle mani dell’emozionatissimo direttore del museo altoatesino, l’astronomo David Gruber, volato personalmente a Houston per riceverlo e trasportarlo a Bolzano in sicurezza. Un traguardo raggiunto dopo quasi un anno dall’avvio della procedura di selezione, da parte dell’agenzia governativa per i programmi spaziali degli Stati Uniti, per concedere in prestito quella che è geologicamente descritta come «breccia regolitica».
Un lungo iter, quello della candidatura del Museo di Scienze Naturali, che si è concluso con immensa sorpresa quando la Nasa ha comunicato l’affidamento della roccia lunare fino al prossimo 22 febbraio, poi tornerà a Houston. Nel frattempo sarà visibile a tutti, al museo di Bolzano. Si potrà ammirarla ma non toccarla. La pietra, rinchiusa ermeticamente in un prisma di resina trasparente, non è infatti un «qualsiasi» meteorite lunare giunto sulla terra attraversando l’atmosfera terrestre e quindi contaminato da ossigeno e vapore acqueo
nell’impatto con l’aria che ne modifica la composizione. Il «campione numero 15015,78» è stato raccolto direttamente sulla Luna e non è mai entrato in contatto con la nostra atmosfera: conserva quindi inalterate le caratteristiche originarie del satellite e ha l’età impressionante di 4,5 miliardi di anni. «La Luna è geologicamente inattiva da allora - spiega il geologo del museo, Benno Baumgarten -. Lassù non ci sono placche tettoniche, come invece sulla Terra, che qui hanno permesso alle rocce di rinnovarsi, ai continenti di formarsi e alle montagne di innalzarsi. Il materiale del frammento lunare è di un basalto genuino, molto simile in apparenza a quello che compone le rocce delll’Alpe di Siusi. Ma quello delle nostre Dolomiti è molto più marrone, perché a contatto con l’ossigeno del nostro pianeta si è ossidato e presenta un aspetto arrugginito».
Questo è il principale motivo dell’estremo interesse che la comunità scientifica dimostra per il campione di roccia, preziosissimo per studiare le infinite informazioni sula superficie lunare racchiuse nella sua conformazione. Anche la rarità del materiale lunare disponibile è un elemento che lo rende inestimabile, visto che sul nostro pianeta le sei missioni Apollo hanno fino ad ora riportato un totale di «soli» 381 chilogrammi di roccia lunare. A contribuire ad accrescere il suo fascino c’è poi, ovviamente, l’aspetto emotivo che da sempre accompagna l’immaginario comune quando l’uomo è chiamato a confrontarsi con l’immensità e il misero dell’universo ma anche con la concretezza dei progressi compiuti dall’umanità negli ultimi decenni.
Temi che ieri hanno riempito di pathos gli interventi del direttore del museo, del suo geologo e del presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, che ha scoperto il prisma contenente il reperto lunare.