Caccia ai cinghiali, scontro sulle aree tra Provincia e Ispra
Piazza Dante: estendere a Valsugana e Baldo
Non solo orsi e lupi. Anche i cinghiali chiedono il loro spazio nella polemica politica e l’occasione è arrivata con la richiesta della Provincia di in- cludere la Valsugana orientale e il monte Baldo tra le aree do- ve procedere con l’abbattimento, ricevendo il parere negativo, ma non vincolante, dell’Ispra.
TRENTO Non solo orsi e lupi. Anche i cinghiali chiedono il loro spazio nella polemica politica e l’occasione è arrivata con la richiesta della Provincia autonoma di Trento di includere la Valsugana orientale e il monte Baldo (nel versante trentino) tra le aree di controllo, cioè i luoghi dove si può procedere all’abbattimento degli esemplari. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha espresso parere negativo con una serie di considerazioni che valutano la specificità delle aree, il pregio agricolo, gli impatti dei prelievi. Il suo parere è obbligatorio ma non vincolante. La Provincia dovrà decidere ora se procedere ugualmente all’ampliamento delle aree di abbattimento che attualmente sono la valle dell’Adige-Trento, la valle del Chiese-Ledro e una parte della Valsugana. Dopo i contrasti sui lupi — il ministro Costa ha improntato il Piano sulla loro salvaguardia, rimandando alla direttiva europea Habitat l’applicazione di soluzioni estreme a differenza di quanto richiesto dalla Provincia — e sugli orsi (acuiti dalla fuga di M49 o Papillon, come ribattezzato dal ministro) ora si accende un nuovo possibile focolaio di tensione.
L’Ispra, braccio tecnico del ministero dell’ambiente, osserva che «il tema dell’allargamento delle zone di controllo dei cinghiali sarà discusso anche in ambito Osservatorio faunistico agli inizi di agosto» e che «la procedura non si è chiusa», lasciando spazio ad eventuali cambi di rotta. Ma il parere, già recapitato in Piazza Dante, per ora è negativo.
Il cinghiale, a differenza di orso e lupo, non rientra tra le specie «particolarmente protette» dall’Unione europea — e dunque più esposto ai prelievi — e in Trentino ha una storia del tutto peculiare. «Le prime testimonianze della presenza del suide — si legge nel Rapporto sullo status del cinghiale in provincia di Trento — sono riconducibili a reperti rinvenuti nel Comune di Grigno databili a circa 13.000 anni fa». Anche in tempi più recenti, fino al secondo dopoguerra, la sua presenza era segnalata in Bassa Valsugana. «Sull’autoctonia della specie nel territorio provinciale paiono esserci pochi dubbi nonostante le accese polemiche che hanno accompagnato il suo ritorno nel panorama faunistico provinciale» sottolinea il dossier, ma rimane il fatto che negli anni Ottanta la sua segnalazione nella valle del Chiese, per esempio, «è da far risalire ad operazioni di reintroduzioni abusive». Qualche cacciatore verosimilmente, anche se manca la prova, che voleva ampliare il ventaglio delle prede.
Si calcola che attualmente la popolazione dei cinghiali ammonti a 700-800 esemplari — non esiste, tuttavia, un censimento perché sono animali notturni e poco confidenti — e nel corso del 2018 ne sono stati abbattuti circa 360 (il picco fu nel 2017 con quasi 400). Responsabili dei controlli sono i cacciatori abilitati che hanno seguito uno specifico corso: in provincia il loro numero è andato crescendo, dagli 881 del 2012 ai 1381 del 2018. Il controllo ordinario, il linguaggio edulcorato per significare la stagione di caccia, si esercita dal primo maggio al 30 giugno e dal 16 agosto al 31 dicembre. Non esiste un limite all’abbattimento. Proprio l’imminenza dell’apertura della finestra di caccia rende più spinosa la questione dell’estensione delle aree di controllo. Il controllo ha anche un’opzione straordinaria, che deve essere giustificata dalla relazione di un tecnico faunistico per danni consistenti e persistenti, che amplia la possibilità di prelievo al di fuori del calendario ordinario e di notte.
I principali danni prodotti dai cinghiali sono alla superficie erbosa di prati coltivati e pascoli (75% dei danneggiamenti) e alle coltivazioni (mais, vigneti, frutteti) anche se l’ammontare complessivo in termini economici è molto contenuto (14.123 euro nel 2018 dopo l’apice del 2016 con 28.363). Ora la Provincia dovrà decidere se seguire il parere dell’Ispra o se rimanere sulla propria posizione. Il cinghiale attende la sentenza.
Il focus Piazza Dante può bypassare il niet. In Trentino reintrodotti in modo abusivo
L’istituto Ne discuteremo in agosto anche all’Osservatorio faunistico