Opera, vertice nominato senza il rettore
L’equilibrio fra le due istituzioni è liturgico. Da sempre. Lo è ancora di più da quando l’Accordo di Milano ha trasferito le competenze finanziarie in materia di università da Roma a Trento. Un passaggio spesso tradotto — erroneamente — con il termine «provincializzazione» scordando lo status giuridico, statale, dell’ateneo. Ma tant’è. Dentro al faticoso tragitto che porterà all’approvazione dell’assestamento di bilancio c’è spazio anche per un tentativo inedito di riscrivere i rapporti fra Provincia e università. Due emendamenti speculari a firma di Mara Dalzocchio (Lega) e Claudio Cia (Agire) postulano il superamento della nomina del presidente dell’Opera universitaria, ad oggi prodotta d’intesa fra rettore e Piazza Dante.
Un metodo, questo, che i due emendamenti sostituirebbero con tale formula: «Il presidente scelto, sentito il rettore dell’università, tra personalità con importanti referenze gestionali, manageriali o con significative esperienze nel campo dell’istruzione, della ricerca e dell’università». Dalla nomina d’intesa, dunque, alla comunicazione resa al rettore («sentito»). Un tentativo che arriva nel mezzo di un confronto infruttuoso fra l’assessore Mirko Bisesti e Paolo Collini. Il rettore avrebbe suggerito la riconferma dell’attuale presidente Alberto Molinari, nome non gradito all’assessore.
Sara Ferrari, già assessora all’università, ha già preparato un contro-emendamento per ripristinare quel «sentito il rettore» con «d’intesa col rettore». «L’opera universitaria — ricorda — è un soggetto che eroga servizi agli studenti dell’università con un finanziamento della Provincia; un’organizzazione di questo tipo deve quindi, necessariamente, riferirsi a entrambi i soggetti: due autonomie che dialogano e d’intesa individuano il presidente». Una figura, quest’ultima, che nelle parole di Ferrari dev’essere congiunzione istituzionale. Ma se le due autonomie non dialogano, aggiunge, «il problema diventa serio, creando un precedente pericoloso: serve competenza politica nel gestire in maniera paritaria, quindi efficace, questo rapporto fra Provincia e università. Siccome non si riesce a trovare l’accordo sul nome dell’Opera viceversa si toglie all’università la possibilità di dire la sua avocando a sé stessi la scelta». Una nuova prassi che Ferrari stigmatizza: «È uno sgarbo, un’offesa, un errore e la dimostrazione dell’incapacità di capire l’importanza di mantenere equilibrio nei rapporti».