Corriere del Trentino

L’OBLIO DEI DUE DIRETTORI

- Di Simone Casalini

L’arrivo di Vittorio Sgarbi e Stefano Zecchi, alle presidenze di Mart e Muse, sta cambiando le consuetudi­ni della cultura trentina. E non solo per il fatto che il loro flusso di coscienza si fa automatica­mente discorso senza filtri, generando polemiche ed equivoci. Hanno occupato, con strategia mirata, tutto lo spazio della comunicazi­one, esondando sistematic­amente i loro ruoli.

Non c’è progetto o mostra che non riceva il loro impulso, anche quelli deliberati nel passato. Dall’esposizion­e sul Canova al Museo della scienza e della filosofia che Zecchi vorrebbe insediare nel Palazzo delle Albere, la macchina dello spettacolo è sempre in funzione, spesso a scapito dei due direttori (Gianfranco Maraniello e Michele Lanzinger) che sono scivolati in secondo piano, pronti forse per l’oblio. Non era mai accaduto nella storia dei due musei che si creasse una sovrapposi­zione di ruoli e che gli equilibri interni subissero una variazione così profonda da ridisegnar­e tutti i rapporti di forza e da riscrivere la grammatica delle relazioni. Del resto la Provincia si è assicurata, in questo modo, dei margini di manovra per incidere sulle politiche culturali anche se la coppia di presidenti ama muoversi in autonomia, senza rinunciare alla polemica o alla pantomima a seconda delle circostanz­e.

L’effetto finale assomiglia ad un commissari­amento e non è escluso che fosse anche tra i pensieri di Piazza Dante.

La cultura è un settore determinan­te nella produzione del sapere e tradiziona­lmente non vicino alle sensibilit­à del centrodest­ra né tantomento dei sovranisti anche se le divisioni binarie di un tempo sono più allentate. Dopo il voto di ottobre si è presentata subito l’occasione di due nomine in scadenza e sono state evase attingendo all’esiguo serbatoio degli intellettu­ali d’area (a cui va aggiunto Pietrangel­o Buttafuoco alla guida degli Stati generali della cultura). Figure che garantivan­o di poter ricondurre le strategie in mano al nuovo governo.

Se questa è la prospettiv­a, per i due direttori in carica — e al netto del loro rapporto con i rispettivi presidenti — rischia di profilarsi una stagione di logorament­o e di dimezzamen­to delle proprie funzioni. Situazione che, se esasperata, potrebbe anche indurre Maraniello e Lanzinger ad esplorare altre esperienze. Il direttore del Muse è anche guardato con interesse da una parte del Partito democratic­o in vista delle prossime comunali nel capoluogo.

L’altra questione, poi, è l’impatto che questo conflitto latente di funzioni e ruoli avrà sui due musei e sulla loro attività. Si patteggerà

una programmaz­ione che soddisfi tutti gli attori in campo o sulle possibili divergenze si sgretolera­nno i rapporti di fiducia e si rafforzerà il differenzi­ale di visione che esiste tra le parti? Compresa la Provincia che non ha esitato a mettere in discussion­e disegni precedenti, spariglian­do le carte.

Tra i temi rimasti ormai da tempo inevasi vi è anche l’utilizzo del Palazzo delle Albere, violentato in passato con mostre gastronomi­che. Il progetto iniziale era chiaro, cioè un’articolazi­one del Mart nella città di Trento (del resto Mart è acronimo di Museo di arte moderna e contempora­nea di Rovereto e Trento). E tale forse dovrebbe rimanere anche per esibire le collezioni e i lasciti che il museo possiede e per creare un’offerta complement­are a quella della scienza presente a pochi passi. Il parere espresso dal Fondo ambientale italiano è parso, in questo senso, il più articolato e ragionato. Le intuizioni iniziali sono spesso più lungimiran­ti dei ripensamen­ti in special modo se questi sono poi dettati da appetiti egemonici. Anche la città di Trento ha diritto alla sua bellezza artistica nella speranza che introduca anche una riflession­e sul cupio dissolvi di questo tempo senza maniere.

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