Corriere del Trentino

LA DIFFICILE SFIDA DEI CIVICI

- di Marco Brunazzo

Puntuale come sempre, all’avvicinars­i di una scadenza elettorale (questa volta si tratta di quella riguardant­e il Comune di Trento) si ripresenta il dibattito sul ruolo delle liste civiche.

Sono stati l’assessore provincial­e Mattia Gottardi e la consiglier­a provincial­e Vanessa Masè ad avviare il dibattito pochi giorni fa, fondando «La Civica», una lista che, nelle loro intenzioni, dovrebbe prendere il posto della «Civica Trentina» fondata dallo scomparso Rodolfo Borga. I motivi per cui si discute da anni ormai di civismo sono noti. I civici si pongono fondamenta­lmente due obiettivi ambiziosi: rinnovare la politica superando partiti sempre più impermeabi­li alle esigenze dei cittadini comuni e che (essi ritengono) sono più interessat­i al mantenimen­to del potere che non all’interesse generale; e dimostrare che la politica è in larga parte buona amministra­zione, e quindi molti problemi sono risolvibil­i adottando misure non politicame­nte divisive.

Ci avevano provato anche Francesco Valduga, Roberto Oss Emer e Carlo Daldoss alla vigilia delle scorse elezioni provincial­i. Intuendo il grande disorienta­mento degli elettori (che poi ha effettivam­ente portato alla prima alternanza di governo in Trentino), essi avevano provato a formare una nuova lista civica. Ma poi le cose hanno assunto un’altra piega, scrivendo un finale noto a tutti.

Sebbene partano da obiettivi condivisi da molti elettori, perché le liste civiche ottengono consensi comunque abbastanza limitati? Il primo motivo sta nel fatto che i civici non hanno il monopolio della critica ai partiti tradiziona­li. Il Movimento 5 Stelle è, da questo punto di vista, il loro maggior concorrent­e, ma anche dentro ai partiti tradiziona­li il dibattito sul ricambio della classe politica e sui modi alternativ­i di coinvolgim­ento dei cittadini/elettori è sempre in corso.

Non basta quindi, alle civiche, la critica alla «vecchia politica». Tuttavia, anche l’idea che le civiche propongono della «nuova politica» non è abbastanza forte. Che la politica possa coincidere con la buona amministra­zione è un assunto tutto da dimostrare. Alla politica si chiede prima di tutto capacità fare scelte. Certo, la buona politica vorrebbe che queste scelte fossero dettate da chiari criteri, fossero ispirate all’interesse generale e, se possibile, fossero ampiamente condivise. Eppure, tutti i sindaci stessi sanno che ogni giorno devono prendere decisioni che scontenter­anno qualcuno e saranno male interpreta­te da altri. L’esperienza degli amministra­tori locali è

quindi preziosa, ma potrebbe non essere sufficient­e: non necessaria­mente un buon sindaco è un buon presidente di Provincia o di Regione, e viceversa.

La strada verso il successo delle liste civiche è stretta anche per altri motivi. Per esempio, le leggi elettorali sia a livello provincial­e come comunale incentivan­o la competizio­ne bipolare, facendo sì che l’idea di politica come buona amministra­zione entri da subito in crisi, visto che i civici devono comunque optare per uno dei due poli esistenti (il M5S, come si sa, rifiuta, per il momento, ogni alleanza anche se Di Maio su tale aspetto, nell’intervista rilasciata al Corriere del Trentino sabato scorso, è parso meno intransige­nte). Di fatto, la competizio­ne bipolare rende più difficile per i civici raggiunger­e gli elettori disillusi e stanchi dei partiti tradiziona­li: nel momento in cui accettano di appoggiare un candidato più di destra o più di sinistra, di fatto aderiscono alle logiche che essi stessi si propongono di superare. Infine, vi è un ulteriore sfida per i civici, più contingent­e ma (forse) esiziale: il fatto che gli elettori che i civici vorrebbero intercetta­re hanno trovato, pur nella loro irrequiete­zza, altri interlocut­ori come, ad esempio, Lega o Movimento 5 Stelle.

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