Corriere del Trentino

La prima volta di Stephen «I rischi delle corse estreme? Giusto seguire la passione, l’anno prossimo lo rifarò»

Ma gli organizzat­ori valutano lo stop: «Giorni difficili»

- P. C.

BOLZANO Stephen Tierney non si era mai spinto così vicino al limite. Ma la sua «prima volta» alla corsa estrema Ultra Skyrace gli è piaciuta al punto che ha intenzione di ripetere l’impresa. Dopo la tragedia dell’atleta norvegese colpita da un fulmine, però, la competizio­ne potrebbe rischiare di saltare. «Sono giorni difficili e di riflession­e», dice l’organizzat­ore Josef Günther Mair, dubbioso sul futuro della competizio­ne. Sui pericoli della Ultra Skyrace, Tierney — che sulla cresta aveva una moglie e due figli ad attenderlo — non ha dubbi: il gioco vale la candela. Lui, storico gestore del Temple bar di Bolzano — arrivato dall’Irlanda 13 anni fa — che ora si dedica al food delivery vegano, è troppo innamorato delle cime per rinunciare.

Tierney, com’è stata la gara?

«Una bellissima esperienza, senza dubbio. Non ho avuto nessuna paura. Io e un’altra atleta eravamo gli ultimi due corridori rimasti, abbiamo fatto un ottimo tempo. Un altro ragazzo si è fermato prima di noi e ha detto che non lo farà più».

Neppure con i fulmini lei si è spaventato?

«Personalme­nte, no. Li ho visti i fulmini, eravamo proprio sotto la cresta per andare al rifugio Monte Cervina. Fino a Oberbergal­m (due tappe prima, ndr), il cielo era sgombro. Quando abbiamo chiesto informazio­ni sul tempo ci hanno sempre detto che non c’erano problemi. Solo verso Hirzerhütt­e quattro guide hanno ipotizzato “magari piove”. E mezz’ora dopo è arrivata la grandine. Ci siamo protetti sotto uno spuntone roccioso».

E poi che è successo?

«È arrivato un uomo del soccorso alpino e ci ha salvato la vita: ci ha avvisati che la gara era sospesa. «Dobbiamo andare giù, dobbiamo andare giù», diceva, con il walkie talkie era in contatto con i soccorsi per capire le previsioni. Prima sembrava dovesho simo aspettare qualche ora; alla fine ci ha accompagna­ti a Bolzano. Senza di lui non so cosa sarebbe successo. Credevamo che le nuvole fossero passeggere: il cielo si rabbuiava ogni 10 minuti, per poi schiarirsi di nuovo. E alla fine sono arrivati i fulmini. Ma tutto questo fa parte della gara».

Neanche un momento di incertezza, vista la tragedia?

«Appena tornato a casa, ho deciso di rifarlo l’anno prossimo. La troppo breve per non fare queste cose. Mi spiego: le persone spesso fanno azioni molto stupide, come guidare ubriachi, o roba del genere, e nessuno si lamenta di quello. In questo caso, ovviamente, mi dispiace tantissimo per la signora colpita dal fulmine, ma sono sicuro che lei sia contenta, in qualunque mondo si trovi ora, che la sua vita sia finita in quel momento: facendo una cosa bellissima, che amava. Senza sofferenza per nessuno, pur nella trageteran­no dia. Sarò felice se mi capiterà di “uscire di scena” in quel modo, invece che in un letto di ospedale, lentamente, con molta sofferenza per la famiglia».

Insomma, la prima gara l’ha conquistat­a.

«Avevo già corso da solo in gran parte dei luoghi del tracciato. All’inizio la gara è stata durissima, ero a pezzi. Quando sono arrivato all’ultima cresta c’erano mia moglie e i miei bambini che mi aspettavan­o. Era il compleanno di mio figlio: ci siamo abbracciat­i e quasi piangevo, non lo dimentiche­rò mai. Mi sono detto: “Non posso fermarmi, davanti ai miei bimbi”. Da lì corso come una capra, senza fatica».

La sua famiglia era preoccupat­a per lei?

«Sì, erano spaventati. Mia moglie era sollevata che fossi tornato a casa. Ma è naturale: anche se vai in montagna di domenica, quante volte capitano fulmini?».

Insomma, all’anno prossimo.

«Correre in montagna mi ha cambiato la vita. Lì sulla cresta mi sono detto che è la cosa più bella che ho fatto nella mia vita. Ho iniziato ad allenarmi a gennaio, sono fortunato perché mia moglie mi ha sostenuto sempre. Il prossimo anno voglio fare una pausa al laghetto per fare un saluto a alla signora che ha perso la vita. Sono sicuro che ne sarebbe contenta. Per me è giusto. Lo avrei apprezzato, se la tragedia fosse successa a me».

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Riuniti Stephen, assieme alla moglie e ai due figli alla partenza della Südtirol Ultra Skyrace, 121 chilometri di tracciato con partenza e arrivo a Bolzano

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